
Scorci archeologici all’isola d’Elba, la “perla“ dell’Arcipelago toscano. Vi sono molte testimonianze: pietre e sassi che parlano di spiritualità
Campo nell’Elba (Livorno), 8 giugno 2025 – Sospesi tra cielo e mare lungo le “Antiche Vie del Granito”. Un viaggio dove i pastori incontrano gli dei. L’itinerario si snoda dall’antico borgo di San Piero in Campo, all’isola d’Elba e ci conduce tra cave romane, sentieri selciati, insediamenti preistorici e monumenti megalitici.
Un concentrato di pura archeologia appoggiato su uno scampolo di paradiso naturalistico tra cisti, capre e scope in fiore.
San Piero in Campo sorgeva in epoca longobarda (VIII secolo dopo Cristo) su uno sperone di roccia ai piedi del monte Calanche, incarnando per secoli il cuore pulsante dell’attività estrattiva elbana.
Ma la storia della pietra in quei luoghi iniziava molto prima. Nel I secolo dopo Cristo, i Romani potrebbero aver scelto il sito come base operativa per gestire l’estrazione nelle grandi cave di Seccheto e Cavoli.
E aver edificato, come sostengono alcuni studiosi, un antico tempio dedicato al dio Glauco, protettore dei naviganti, dove oggi sorge la chiesa romanica di San Niccolò.
San Piero non è soltanto un paese, ma un libro aperto sulla cultura materiale dell’isola. La presenza del granito è ovunque: nelle piazze, nei vicoli lastricati, nei portali delle case, nei dettagli architettonici della parrocchiale.
Lasciando il centro abitato, in località Pozzondoli si incontrano le ultime cave ancora attive. Tra mezzi meccanici e macchinari all’avanguardia, può capitare ancora di vedere qualche anziano scalpellino che lavora a mano, come duemila anni fa, con subbia e mazzuolo.
Le cave producono di tutto, dai cordoni stradali alle soglie, dai caminetti alle lastre, mantenendo viva una tradizione che ha attraversato i secoli.
Proseguendo lungo l’antica strada delle Grottarelle si giunge al Sasso, un’imponente formazione granitica che fu sede di un insediamento dell’Età del Bronzo (1100-900 a.C.), appartenente alla cosiddetta cultura subappenninica.
I reperti testimoniano una società pastorale che viveva in capanne di frasche e argilla, spesso integrate in ripari naturali adattati con muretti in pietra.
Frammenti di ossidiana sarda e pietre laviche suggeriscono scambi commerciali con altre isole e la penisola. Da qui, grazie a segnalazioni visive, i nostri progenitori comunicavano con gli altri villaggi sparsi sul Monte Capanne.
Il sentiero, a tratti ancora lastricato in granito e fiancheggiato da bassi muri a secco, sale verso i siti di Sassiritti e Casevecchie, portali di accesso al mondo misterioso del Megalitismo. I quattro menhir verticali di Sassiritti, da cui il luogo prende nome, sono una delle più straordinarie testimonianze dell’età del Rame e dei primi secoli del Bronzo (III-II millennio a.C.).
Come le “filarate” della Sardegna meridionale o della Corsica del sud, questi allineamenti di pietre erette avevano forse funzione rituale o astronomica. Sono sassi che parlano di spiritualità, di riti arcaici, di un’umanità che ha lasciato tracce profonde nella roccia e nel tempo.
Le Vie del Granito non sono solo un itinerario turistico. Sono un’esperienza immersiva che lega paesaggio, storia e mito. Un cammino che invita a rallentare, osservare, ascoltare. Perché ogni pietra ha una voce, ogni sentiero una memoria, ogni menhir un mistero ancora da svelare.