"Il fiume ha inghiottito il mio Davide. Gli ho gridato: 'non buttarti'. Ed è sparito"

Lo strazio del padre di Davide Pellegrini disperso in Arno da mercoledì notte. Ricerche a tappeto anche nella giornata di oggi, venerdì 14 dicembre

Riccardo Pellegrini, sorretto da parenti e amici mentre assiste alle ricerche del figlio

Riccardo Pellegrini, sorretto da parenti e amici mentre assiste alle ricerche del figlio

Pisa, 14 dicembre 2018 - Ha fatto una cavolata. Gli avevo detto di non tuffarsi. L’ho visto sparire nel buio. Davide, perché non mi hai ascoltato?». Papà Riccardo non si dà pace. Anche ieri, dopo una notte terribile trascorsa lungo le rive dell’Arno, ha voluto partecipare alle ricerche del figlio Davide Pellegrini presidiando per ore la base nautica dei vigili del fuoco lungo viale D’Annunzio. Poi i parenti lo hanno convinto a rientrare alla ‘casa del retone’ alle Tre buche, ad un paio di chilometri di distanza. Lì da dove tutto ha avuto inizio. Lì dove già dalla tarda serata di mercoledì e per tutta la giornata di ieri si sono radunati amici e familiari: un via vai continuo, senza soluzione di continuità per condividere il dolore.

Tantissimi giovani – coetanei del ragazzo ed ex compagni di scuola –, oltre ai parenti arrivati da Livorno appena accaduto l’incidente. C’è poca voglia di parlare, comprensibilmente. Il silenzio è interrotto a tratti dalle lacrime: l’unica risposta a questa incredibile vicenda. «Sembra un incubo. Non sappiamo più cosa credere. Non abbiamo notizie», dicono a bassa voce i cugini. Riccardo ieri è rimasto gran parte della giornata chiuso nell’abitazione «estiva» (la famiglia trascorre i mesi più freddi nell’appartamento condominiale di città, zona stadio, ndr) con la moglie di origine livornese. «E’ sotto choc, il padre è riuscito solo a raccontare qualcosa. E’ ancora in stato confusionale», confermano fonti investigative.

Soltanto lo zio Osman Volpi trova la forza di dire qualcosa di più: «So che si trovavano nei pressi delle Tre buche. Riccardo gli ha detto di non buttarsi in acqua, glielo ha richiesto più volte, inutilmente. Mio nipote ha un carattere tosto, non si arrende con facilità. Si è tuffato sotto gli occhi del padre che gli ripeteva di non farlo. L’unica speranza è che il ragazzo sia stato recuperato da qualche natante e che stia bene». Ma nessuno, nel caso, saprebbe spiegarsi perché allora non si sia fatto ancora vivo. Il trascorrere del tempo e l’esito negativo delle ricerche fanno temere un’altra verità.

Tra i vicini  di casa in molti non si arrendono all’idea che il 21enne abbia messo a repentaglio la propria esistenza per recuperare il barchino. C’è chi lo conosce da quando era un «bambino vivace» col pallino per la pesca, ambito nel quale ha anche lavorato sebbene in modo saltuario. «Ma come è possibile? Al buio, con quel freddo... quale senso ha avuto un gesto così estremo?». E’ la domanda di tutti.

Andrea Valtriani

Elisa Capobianco