Dighe contese, è giallo sull’entrata in vigore dell’ordinanza

Secondo i circoli nautici il divieto non è in vigore finché non ci sono i segnali

Il presidente Stefano Corsini

Il presidente Stefano Corsini

Livorno, 25 aprile 2018 - L’ordinanza c’è, secca e imperativa. Quanto basta per aver già scatenato, nei vari circolini nautici dei Fossi, ma specialmente sul web, proteste e commenti sarcastici (tipo: «Decisione dettata dall’invidia dei pisani»). Ma come spesso accade, i quattro sintetici articoli firmati dal presidente dell’Autorità portuale di sistema, Stefano Corsini, minacciano fuoco e fiamme per i trasgressori, ma non dicono da quando. Della serie: se in teoria il divieto è già scattato (l’ordinanza è datata addirittura 13 aprile scorso) in pratica finché non saranno predisposti tutti gli avvisi, con la relativa cartellonistica per rendere edotti gli interessati, mancherà uno degli elementi giuridici ‘sine qua non’ perchè possano essere applicate le sanzioni.

Questa almeno è l’interpretazione che nei circoli viene data al testo dell’ordinanza n. 11 dell’Autorità. Diciamo subito che per l’Autority l’ordinanza è già in vigore e non si scappa: nel senso che se qualcuno si facesse male sulle dighe, non potrebbe rivalersi su Palazzo Rosciano. Da un’ispezione fatta ieri dallo stesso presidente Corsini con i tecnici dell’ufficio dell’ingegner Pribaz, è emerso uno stato di degrado delle dighe molto pericoloso, con cedimenti strutturali, parapetti rovinati e addirittura sedie, ombrelloni e straio ‘incatenati’, a conferma di un uso balneare continuato. Sicurezza dunque, prima di tutto, anche se l’articolo 3 del testo dell’ordinanza sembra indicare una scappatoia per la concreta applicazione delle parte più dura del divieto, cioè le sanzioni. Ovvero, non è stata ancora istallata la cartellonistica dei divieti. I tabelloni saranno una cinquantina, sono stati appena ordinati con apposita gara e saranno disponibili non prima della seconda metà di maggio. Vale dunque la regola che senza segnaletica i divieti sono almeno opinabili? Secondo il Codice della Navigazione l’ordinanza dovrebbe essere sufficiente: secondo i circoli, no.

Alla base di tutto il problema c’è, ripetiamo un fattore sicurezza: le dighe dell’avamporto sono molto vecchie e camminarci sopra è rischioso, tanto che le stesse squadre di manutenzione sono obbligate a scarpe e vestiti antinfortunistici. Invece la tradizione vuole che ci vada gente in costume e ciabatte infradito, con il rischio reale di farsi male. E siccome la magistratura non scherza nell’attribuire responsabilità anche solo colpose, l’Authority s’è messa al vento.

Antonio Fulvi