"Eni, serve riconversione industriale Una sola centralina Arpat non basta"

Intervista al senatore Morra presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulle mafie "Il Comune ha avviato un’indagine su un’area dove sono state trovate quantità massicce di inquinanti"

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Da anni ormai i residenti di Stagno sono sul piede di guerra per i problemi di salute che sollevano in un quartiere pervaso dall’industria. Il senatore Nicola Morra presidente della commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie risponde alle nostre domande.

Presidente, questi cittadini riuniti nello slogan ’Magliette bianche’ vanno ascoltati...

"Tra promesse e vanità, avanza inarrestabile il disastro ambientale e mi sembra riduttivo coinvolgere solo la salute degli stagnini, dovremmo parlare della tutela della salute dei livornesi come fondamentale diritto. Sono passati quindici anni da quando si annunciavano 200 milioni che l’Eni avrebbe investito sulla raffineria. Forse uno slogan. Qualcosa però si sta muovendo, visto che il Comune di Colle ha dovuto avviare un’indagine su un’area pubblica, sulla quale sono state riscontrate quantità massicce di inquinanti legati a stoccaggi abusivi nel sottosuolo".

L’Eni è un colosso mondiale, dà lavoro a tantissime famiglie e la sua presenza in un territorio ’area di crisi complessa’ è fondamentale. Quali richieste potrebbero essere fatte ad Eni?

"Che l’Eni, a livello mondiale, dia lavoro può essere vero, ma su Livorno di cosa parliamo? Di 400 persone più l’indotto forse in totale 800900 persone?".

Ci sono Enti, come Arpat, che hanno nella loro mission il controllo della qualità dell’aria e dell’acqua. Che sistema di controllo c’è nella frazione di Stagno? Lo ritiene sufficiente o andrebbe implementato?

"L’Arpat controlla con una centralina la qualità dell’aria di Stagno dal 2018, ma è in una posizione fra Stagno e Villaggio Emilio, scelta incomprensibile anche per addetti ai lavori. Non dovrebbe essere messa più vicina agli impianti produttivi invece che più distante? In passato, la centralina ha presentato molti malfunzionamenti. Altri controlli in maniera permanente per almeno 12 mesi non risultano essere effettuati; dunque, non sono sufficienti i controlli attuali. Una centralina per un territorio così vasto sicuramente non è abbastanza. Se vogliamo metterla sul tecnico ci vorrebbero cinque o sei centraline dal fronte Nord – Sud".

Sul fronte dei dati, è possibile avere una fotografia della situazione sanitaria dei residenti nella frazione di Stagno?

"Non facendo gli studi di coorte non è possibile avere dei dati di dettaglio. Ad oggi non mi sembra che ci siano dati pubblici e aggiornati sul monitoraggio ambientale della vostra zona. Presso l’Istituto Superiore di Sanità, non sono stati fatti prelievi recenti di campioni di acqua o di suolo in situ, gli ultimi una trentina di anni orsono; la sezione di epidemiologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche al momento sta studiando il fenomeno e c’è in campo lo studio Sentieri e l’aggiornamento del COREAS della regione Toscana in merito agli studi epidemiologici nelle aree SIN. Purtroppo, i cancri non portano la firma dei colpevoli. Infine, vorrei ricordare che a poche decine di metri il polo petrolchimico confina con il parco naturalistico di San Rossore Migliarino, con la presenza di oltre un centinaio di uccelli che svernano e altrettanti che nidificano".

La realtà di Stagno è una delle tante sul nostro territorio dove industria e cittadinanza devono convivere. Quale sviluppo sostenibile si può auspicare?

"Mi chiedo come faccia una cittadinanza a convivere con un impianto vecchio di quelle dimensioni e di quell’età. Sono impianti costruiti negli anni ‘30, poi parzialmente distrutti durante la seconda guerra mondiale, ricostruiti negli anni ‘50 e progressivamente migliorati, ma fonti autorevoli in materia, mi confermano che sono impianti vecchi, ma anche se fossero nuovi, la distanza tra abitato e industria non sarebbe compatibile con la salute della gente. L’unico sviluppo sostenibile sarebbe la riconversione industriale, ricordando che stiamo parlando della zona sita a poca distanza dal porto, dall’autostrada, dalla ferrovia. Non è una delle tante perché di SIN in Italia ce ne sono solo poco più di quaranta. Come si fa a parlare di sviluppo sostenibile se si continua ad inquinare con produzioni inquinanti un’area da bonificare?".

Michela Berti

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