Erika: "L’amico a processo con lo spacciatore"

La Procura fiorentina chiede due rinvii a giudizio per la morte della 19enne sulla pista della discoteca Jaiss di Sovigliana a Empoli

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Ci sono due richieste di rinvio a giudizio per la morte di Erika Lucchesi, 19enne livornese, deceduta all’alba del 20 ottobre sul pavimento del Jaiss, la discoteca di viale Togliatti a Sovigliana (Empoli), per, secondo l’accusa, un mix di alcol e droga. Si tratta di Matteo Nerbi, 21 anni, amico della giovane con lei in discoteca per una serata a tutta techno, accusato di aver ceduto almeno due pasticche all’amica, e di Emir Achour, 28enne di nazionalità tunisina, senza fissa dimora ma di ‘casa’ a Livorno, detenuto in carcere dopo essere stato arrestato lo scorso luglio con l’accusa di aver venduto alla 19enne almeno quattro pasticche di ectasy. Per entrambi la procura ha chiesto il rinvio a giudizio per i reati di spaccio e morte in conseguenza di altre reato. L’udienza preliminare in cui verrà discussa la richiesta della procura è stata fissata dal gup Pezzuti per il 15 ottobre. E’ stata invece stralciata la posizione di Antonietta Abruzzese, 48 anni, legale rappresentante della Sovigliana Cooperativa che gestisce la discoteca dove è avvenuto il decesso della giovane. E’ ancora al vaglio degli inquirenti l’eventuale suo coinvolgimento nella vicenda.

In base a quanto ricostruito dalle indagini coordinate dal sostituto procuratore Fabio Di Vizio, Erika Lucchesi, la sera del 19 ottobre, era arrivata da Livorno con alcuni amici. Di quella comitiva faceva parte lo stesso Nerbi. Appena poche ore dopo, la ragazza morì dopo aver accusato un malore provocato, secondo le risultanze dell’autopsia, dall’assunzione della droga, acquistata a quanto ricostruito dall’Arma proprio all’interno del locale. Erano le 4.10. Inutili i soccorsi. Il pusher, che si trovava ancora nella discoteca, venuto a conoscenza della tragedia, avrebbe regalato le pasticche che gli erano rimaste agli avventori, in modo da uscire ‘pulito’. Gli accertamenti dei carabinieri scattarono immediati: gli stessi amici della 19enne raccontarono dell’acquisto di ecstasy e fornirono indicazioni sullo spacciatore tunisino, noto sulla piazza livornese e alle forze dell’ordine con altri due alias.

"Ci siamo messi a completa disposizione della procura – sottolinea Francesco Atzeni, avvocato difensore di Nerbi, insieme al collega Arnaldo Belvedere –. Due interrogatori, la memoria. Abbiamo criticato tutte le prove: non esiste la prova provata che Nerbi abbia ceduto le pasticche. Il mio cliente era amico della giovane, erano un gruppo di amici andati in discoteca. La ragazza si è sballata per propria volontà, è brutto a dirlo ma è così. Che lui debba pagare un prezzo altissimo, la stessa imputazione di Achour, è follia pura".

S. P.

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