"Ero uno di loro L’Italia è casa mia"

Migration

Sei anni fa aveva sceso anche lui le scalette di una nave che lo aveva salvato dalle acque del Mediterraneo. Bakary (in foto) non ci ha pensato due volte e ha messo a servizio la sua straordinaria conoscenza delle lingue nelle operazioni di accoglienza dei 142 profughi della Life Support di Emergency attraccata ieri nel porto di Livorno. "Akksil ak diam". Bakary dà il benvenuto ai nuovi arrivati in wolof, lingua madre del Senegal, ma anche in bambara e inglese. Si ferma per una breve intervista, perché il tempo per parlare è poco e scivola via come le gocce di pioggia che gli solcano il volto. Fino a quel momento aveva corso chilometri su e i n giù per la banchina del molo 75 del porto di Livorno: dalla nave di Emergency alla tensostruttura installata sia per la prima accoglienza che per adempiere alle pratiche di registrazione e identificazione dei migranti. Ed è proprio lì che il giovane gambiano ha fatto sentire a casa bambini, ragazzi, uomini e donne spaesati e stanchi dal lungo viaggio. Offrendo loro una parola di conforto, esprimendo la sua solidarietà, ma soprattutto compiendo uno straordinario lavoro di traduzione durante le pratiche. "E’ stata un’emozione forte - racconta il mediatore culturale - perché sei anni fa ho vissuto la stessa esperienza". Non aggiunge altro sulla sua storia personale, probabilmente la ferita non si è ancora rimarginata, ma con lo sguardo vitreo afferma: "Ero uno di loro. So cosa vuol dire affrontare il viaggio, conosco il dolore e le difficoltà di chi è costretto a lasciare il proprio paese". Ad alleviare il racconto è la speranza per il futuro: "Sono felice che sono riusciti ad arrivare sani e salvi in una città solidale come Livorno che per me ormai è casa. Se io oggi mi trovo qua lo devo al grande cuore degli italiani che sei anni fa mi salvarono e all’accoglienza calorosa che ho trovato in un primo momento in Sicilia, a Lampedusa, e in seguito in Toscana. Una solidarietà che si è rinnovata con quest’ultimo salvataggio, non mi scorderò mai il momento dell’abbraccio tra chi ha toccato per la prima volta il suolo livornese e gli operatori della Ong. Porterò per sempre con me i loro sguardi felici".

Ilaria Vallerini