Grubicy De Dragon a Livorno Grande arte fra Otto e Novecento

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di Olga Mugnaini

Pittore, incisore e critico d’arte, ma anche gallerista, intellettuale e scopritore di talenti. Vittore Grubicy De Dragon (Milano 1851 – Milano 1920) fu un vero protagonista della scena artistica internazionale tra il Divisionismo e il Simbolismo.

Il racconto di questa raffinata figura a cavallo di Ottocento e Novecento arriva con la mostra al Museo della Città di Livorno, in corso fino al 10 luglio, nata da un progetto di Sergio Rebora e Aurora Scotti, promossa da Fondazione Livorno e realizzata da Fondazione Livorno - Arte e Cultura, col Comune di Livorno.

Le opere esposte seguono più tracce: l’uomo con le sue passioni, le sue scelte di vita, gli ambienti italiani e internazionali che frequentò; e l’arte del suo tempo, che seppe precorrere, guidare, promuovere e poi lui stesso interpretare. Il tutto in anni in cui si transita dalla Scapigliatura, al Divisionismo giungendo sino agli esordi del Futurismo.

È lo stesso Vittore, ritratto in diversi momenti della sua vita, a introdurre il visitatore nelle nove sezioni della mostra che, grazie anche a materiali inediti conservati dagli eredi di Ettore Benvenuti (dipinti, disegni, incisioni, documenti, fotografie, oggetti d’arredo, suppellettili) consentono di proporre una dimensione privata dell’uomo, sino a oggi poco, o mai, esplorata.

Vittore inizia la strada di critico e promotore, curando le prime retrospettive di Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni, sostenendo e ospitando a casa propria Giovanni Segantini ai suoi esordi che spinge ad approfondire la conoscenza di Millet e del naturalismo francese, ma occupandosi anche del giovane Angelo Morbelli, di Achille Tominetti e di Serafino Macchiati.

Intuendo le potenzialità internazionali dell’arte italiana, propone all’Expo di Londra del 1888 la memorabile “Italian Exhibition”. Nei Paesi Bassi, dove vive a lungo, frequenta i maggiori esponenti della Scuola dell’Aja e comincia a disegnare e dipingere. Viene poi l’innamoramento per il Giappone e l’Estremo Oriente. Nel contempo sostiene le prime istanze simboliste milanesi: Previati, innanzitutto, ma anche Conconi e Troubetzkoy. Una intera sezione è riservata al rapporto tra Vittore e Toscanini, col tramite di Leonardo Bistolfi.