Il treno è comodo, ma la stazione è chiusa

Piombino, una macchina automatica sostituisce la biglietteria e non c’è una tettoia per ripararsi in caso di pioggia

Il treno, qui dove sono state forgiate (e ancora oggi si forgiano), le rotaie per quasi tutta la rete ferroviaria italiana, è un vecchio amico a cui si dà del tu. Entra nello stabilimento delle Acciaierie e arriva sul porto all’imbarco del traghetti. E’ stato negli anni il collegamento diretto con il resto del mondo per generazioni di piombinesi, perché Piombino in fondo è un’isola, pur se collegata alla terraferma. Una città, che rispetto alla linea dell’Aurelia e alla ferrovia Pisa-Roma, si trova un po’ defilata.

Così per raggiungere la stazione di Campiglia, che rappresenta lo snodo della val di Cornia sulla Tirrenica, c’è una linea ferroviaria secondaria. Passa vicino allo stabilimento, proprio davanti all’Altoforno (ormai spento dal 2014) e poi dalle stazioni di Fiorentina e Populonia, arriva dopo una quindicina di chilometri a Campiglia, alla periferia di Venturina. Da qui in due ore si può arrivare a Roma e in poco più di mezz’ora a Livorno.

Il problema principale della stazione di Piombino è che in fondo non c’è più la stazione: l’edificio è chiuso e non c’è personale. Quindi niente sala d’aspetto. C’è all’esterno una macchinetta automatica per i biglietti (a dire il vero molto facile da usare e in grado di consentire il pagamento anche con bancomat e carte di credito) e una bacheca con gli orari dei treni in partenza e in arrivo. Poi ci sono i marciapiedi e i lampioni. Ma non c’è neppure una tettoia dove trovare riparo in caso di pioggia o, in estate, per il sole cocente. E’ vero che le attese non sono lunghissime perché i treni partono e arrivano qui, ma come fanno notare i passeggeri, quando c’è maltempo non è il massimo aspettare sotto il diluvio.

Il treno (Trenitalia) però è comodo: al mattino alle 9.31 c’è un convoglio di ultima generazione, il Jazz che offre per ogni posto a sedere la presa elettrica per il computer e la presa usb anche per ricaricare il telefonino. Inoltre all’interno ci sono schermi che informano sul tragitto, la temperatura esterna e il meteo. In più l’accesso al vagone è al pari del marciapiede. In questo modo, tutti, anche le persone con difficoltà di movimento possono salire sul trano più facilmente. E poi ci sono anche gli spazi per le biciclette. Il problema, come fanno notare i passeggeri sono i ritardi che si verificano sulla linea specialmente tra Livorno e Castiglioncello per i lavori di manutenzione delle gallerie. I pendolari sanno bene che questo è un disagio pesante.

"Purtroppo – spiegano da Rfi – non è possibile mantenere aperte con il personale tutte le stazioni più piccole, l’attesa sul binario è minima, comunque prendiamo in carico la segnalazione". Insomma, si tratta più di fermate del treno che di stazioni, intese nel senso tradizionale del termine. E in effatti il mondo è completamente cambiato rispetto a quando la stazione era un luogo dove si passavano anche ore in attesa delle coincidenze e c’erano il bar, i bagni e il telefono pubblico. O come quando, negli anni Cinquanta, da Parigi arrivavano centinaia di turisti alla stazione di Populonia per raggiungere il villaggio del Club Mediterranee nel golfo di Baratti.

Il treno allora metteva in collegamento una metropoli come Parigi con una stazioncina sperduta della Maremma toscana. Oggi i vagoni si fermano ancora a Populonia stazione, ma ci sono una ventina di persone sul convoglio. La differenza è questa.

Luca Filippi

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