L’indagine della procura sul caso Mesini Acquisiti cartella clinica e tutti i referti

L’uomo è morto in ospedale per Covid e New Delhi. Era stato ricoverato per un’occlusione a un’arteria

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La Procura della Repubblica di Livorno ha disposto accertamenti (l’acquisizione della cartella clinica e di tutti i referti relativi a questo caso) e l’autopsia per verificare se sussistano eventuali responsabilità in relazione alla morte di Giovanni Mesini (foto), 68 anni (originario di Castelfiorentino), morto il 13 gennaio in ospedale a Livorno. Era stato ricoverato il 14 dicembre per l’occlusione a una arteria. Durante la degenza prima era stato contagiato dal batterio New Delhi, poi dal virus covid 19. Aveva tenuto un diario del suo ricovero scrivendo anche "se crepo, cercate tutti di vederci chiaro, eh?". Così il pm Pietro Peruzzi ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di omicidio colposo, al momento contro ignoti e ha già delegato la sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri di acquisire tutta la documentazione medica che riguarda il sessantottenne. Oggi sarà affidato l’incarico al medico legale per effettuare l’autopsia. Da quanto è stato possibile sapare, dopo il ricovero in ospedale all’uomo fu scoperta una polmonite che però sulle prime non sarebbe stata causata dal coronavirus. Poi durante la degenza gli fu diagnostica l’infezione da New Delhi e successivamente fu trovato positivo al coronavirus. Nel suo diario aveva riportato anche alcune osservazioni critiche sull’assistenza ricevuta in ospedale. Alle 3 di notte del 13 gennaio scrisse una serie di post. "Devo fare pipì e suono il campanello. Non viene nessuno e l’ossigenazione inizia a calare velocemente a motivo dei movimenti, per il cambio di postura, per problemi alla maschera o che so io; occorre indagare velocemente. Alzo la mascherina e strillo un paio di volte infermiere; l’ossigenazione cala e non mi potrei forse permettere un secondo appello. Arriva l’infermiera incazzata, dà un’occhiata al saturimetro e una al respiratore e - solerte - inizia a sistemare tutto senza risparmiare una lavata di capo a me che, volendo inizialmente solo fare pipì, mi sono adeguato, passo dopo passo, agli eventi. Questa presunzione disturba assai, questo voler tacitare il paziente senza nemmeno ascoltarlo non so quanto sia deontologicamente corretto. Di sicuro non giova al rapporto curantepaziente". Monica Dolciotti

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