Leo Gullotta al Goldoni regia di Gamba

Appuntamento con ’Bartleby lo scrivano’ domani alle 21. Opera tratta dal racconto di Melville

Arca Azzurra presenta Leo Gullotta in ’Bartleby lo scrivano’ di Francesco Niccolini liberamente ispirato al racconto di Herman Melville, regia Emanuele Gamba con Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci. "Chi non ha mai fallito in qualche campo, quell’uomo non può essere grande. Il fallimento è la vera prova della grandezza" Herman Melville. Bartleby, l’obiettore. Nel 1851 Herman Melville scrive Moby Dick, grande storia romantica di un titano di nome Achab che affronta e sfida l’assedio di un oceano oscuro; qui un gigante forte e visionario ingaggia una spietata lotta che è lotta per la vita e per la morte o, forse sarebbe meglio dire, della vita e della morte. Due anni dopo Herman Melville scrive Bartleby, lo scrivano e tutto sembra essersi calmato, spenti i fragori dei marosi, l’oceano si è ritirato e il panorama cambiato: siamo a Wall Street ai febbrili inizi di quello che si avvierà ad essere il più assediante, oscuro, spietato sistema finanziarioproduttivo del mondo; il cuore pulsante intorno al quale nasceranno più di cento anni dopo, globalizzazione e crescite variamente felici. L’oceano si è trasformato nel mare dell’economia e della produttività, il Pequod in un ufficio seminterrato, la ciurma di marinai in un’altra ciurma di scrivani, Ismaele si è fatto avvocato e l’assedio di Wall Street è tale che si rende necessario assumere un aiuto, uno scrivano in più, un altro gigante, un altro titano: Bartleby. L’ossessionato e ossessivo capitano si è trasformato in Bartleby, l’ultimo dei marinai arruolato, eppure capace di realizzare una lenta, progressiva, pacata messa in crisi di un sistema di cui non riconosce il valore positivo. Mentre tutto e tutti (scrivani, religiosi, soldati, banchieri, politici, artisti) procedono aggressivi e baldanzosi, forse colpevolmente ignari, fra nuove ricchezze e nuove schiavitù, l’ultimo entrato in scena si mette di traverso e con una frase che sembra arrivata da un remoto passato monastico, avvia un inesorabile processo dubitativo di disgregazione di un moloch che si incarna nel binomio “lavoro dovere”. Bartleby si incunea e si incista nella storia positiva di Wall Street ma non è un batterio che ammalerà l’ambiente, è la cura che proverà a salvare un mondo malato che si nutre di numeri e algoritmi.

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