Lupi ’domestici’ Non è questa la scelta giusta

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Luca

Filippi

Diciamolo chiaramente: le norme di protezione dei lupi ormai sono anacronistiche. Avevano un senso venti, trenta anni fa, quando in Toscana la popolazione dei predatori era ridotta al lumicino. Oggi la situazione (per fortuna) è radicalmente cambiata. C’è stata una progressiva rinaturalizzazione di molti territori e i lupi si sono sviluppati in modo esponenziale. Lo dimostrano i monitoraggi e i continui avvistamenti, anche di giorno. La popolazione dei lupi è surdimensionata rispetto alle risorse, in termini di prede, nell’ambiente naturale. In un ecosistema selvaggio ci sarebbe una naturale autoregolazione: una parte dei cuccioli morirebbe di fame e solo i più forti resisterebbero. Ma noi non siamo in un ecosistema selvaggio: i lupi, a branchi, lasciano il bosco e si avvicinano agli insediamenti umani per attaccare gli allevamenti e gli animali domestici, qualsiasi cosa sia fonte di cibo. Questa situazione non ha niente di naturale. Gli attacchi, come abbiamo documentato in cronaca, sono continui. I danni sono alti e gli allevatori disperati. Il lavoro di mesi distrutto in una notte.

Che cosa possiamo fare? Politica e istituzioni devono prendersi la responsabilità di correggere le norme sulla protezione del lupo, consentendo agli allevatori di difendere le greggi. Non una caccia al lupo, ma una difesa degli animali allevati. Se vogliamo un ecosistema naturale, i lupi debbono cacciare cinghiali, daini, lepri e altri piccoli animali nel bosco, non cibarsi di pecore e agnelli allevati dall’uomo. Siccome non possiamo eliminare le attività agricole e pastorali e neppure possiamo allevare gli animali in stalle chiuse, è giusto ripristinare una regola che in Toscana è stata in vigore per centinaia di anni, dal Medioevo fino quasi ai giorni nostri, e cioè che sia lecito difendere gli allevamenti dai lupi.