Moby Prince, cosa dice la superperizia del Ris

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Moby Prince, la nuova perizia, firmata dal colonnello dei carabinieri del Ris Adolfo Gregori, che ha potuto utilizzare tecnologie innovative e strumentazioni più sofisticate ancora inesistenti all’epoca dell’analisi precedente (correva l’anno 1991), svela con certezza, grazie ad un’analisi sia qualitativa sia quantitativa, che sul traghetto non c’era alcun esplosivo e che quello trovato nel 1991 sui reperti analizzati dal perito Alessandro Massari, è frutto di ‘"evidenti tracce di contaminazioni esterne da cattiva conservazione". In definitiva i reperti, che non avevano inizialmente tracce di esplosivo, furono poi contaminati, secondo il Ris, portando erroneamente alla conclusione che vi fosse esplosivo sul traghetto che finì contro la petroliera Agip Abruzzo, ancora in rada in punto proibito. Il traghetto prese fuoco dopo essersi sflitato dalla ’pancia’ della petroliera e a bordo morino 140 delle 141 persone che trasportava.

Il materiale analizzato venne recuperato nel 1991 dai precedenti periti dal locale motore dell’elica di prua e dal garage sovrastante del traghetto. Comprendeva, fra l’altro, lembi di stoffa, frammenti di borse e valigie, pezzi di plastica e legno, fili elettrici, bulloni e rondelle, lamierini, circuiti stampati e strati di vernici, oltre a campionamenti recuperati da un camion che si trovava nel garage.

Tutto quel materiale, analizzato nei laboratori della polizia Scientifica della Criminalpol e dell’Enea dall’ex-007 militare su incarico della Procura di Livorno, restituì un quadro inquietante con la presenza, scrisse nel febbraio 1992 il perito Alessandro Massari, di vari tipi di esplosivi tra i quali Dnt, Tnt, Pentrite e T4. Il Ris ha smontato questa ricostruzione.