Morti in corsia, l’infermiera in aula sette ore, «La verità presto verrà fuori"

L'incidente probatorio al tribunale di Livorno

Fausta Bonino (Foto Novi)

Fausta Bonino (Foto Novi)

Livorno, 13 gennaio 2018 - Circa sette ore in aula, dalle 9.30 alle 16.30, con una pausa pranzo di neanche mezzora. Tanto è durata l’udienza per l’incidente probatorio andata in scena ieri al primo piano del Palazzo di Giustizia. Fausta Bonino, accusata di 14 morti sospette avvenute all’ospedale di Piombino tra il gennaio del 2014 e il settembre del 2015 causate dall’eccessiva somministrazione di eparina, ha varcato la soglia del tribunale di via Falcone e Borsellino intorno alle 9.25. Sorridente e decisa, pronta ad affrontare un’altra fase della vicenda giudiziaria. Accompagnata dal marito, la donna è rimasta in aula dall’inizio alla fine. «Sto seguendo la vicenda e spero che vada tutto bene» ha detto nei pochi minuti di pausa prima di rientrare al primo piano del tribunale.

«Io sono tranquilla – ha poi aggiunto l’infermiera – perché non ho fatto nulla, quindi spero venga fuori la verità. Posso dire solo questo, sto aspettando la verità. L’iter è lungo, ma sono fiduciosa nel lavoro svolto dai miei periti». Nella mattinata di ieri sono stati i consulenti nominati dal giudice per le indagini preliminari Fabrizio Nicoletti ad illustrare la maxiperizia preparata negli ultimi mesi e depositata pochi giorni fa al tribunale di Livorno. Dopo questa prima fase nel pomeriggio è stata la volta dei legali di parte civile e della difesa ‘interrogare’ il pool di esperti. Dalla perizia emergerebbe la divisione delle morti sospette in più gruppi, a seconda dei casi che mettono in relazione il decesso con la somministrazione del farmaco. In quattro di questi casi sembrerebbe acclarata la connessione con l’eparina, in altri sei invece ci sarebbero dei valori alterati e ci si è basati sulle cartelle cliniche dei pazienti visto che non tutte le autopsie sono state fatte. In altri due casi invece le condizioni cliniche dei pazienti erano molto gravi e la connessione non è ritenuta certa dai periti.

Paolo Biagioni