Perse la figlia in un incidente: scrive alla ministra contro l'assoluzione del guidatore

Il padre di Carolina Contini si rivolge a Marta Cartabia contro la decisione della procura generale di Firenze di chiedere l'assoluzione, nel processo di appello, per l'uomo che era alla guida

Carolina Contini

Carolina Contini

Firenze, 15 ottobre 2021 -  Roberto Contini, padre di Carolina, la ragazza di Castagneto Carducci (Livorno) morta a 25 anni il 19 ottobre del 2013 mentre viaggiava a bordo dell'auto guidata dal fidanzato ha scritto una lettera al ministro della Giustizia Marta Cartabia contro la decisione della procura generale di Firenze di chiedere l'assoluzione, nel processo di appello, per l'uomo che era alla guida e che perse il controllo andando a schiantarsi contro il guard-rail lungo la superstrada Firenze- Pisa-Livorno.

Il fidanzato, all'epoca dei fatti 28enne, era stato assolto nel processo di primo grado. Contestualmente alla sentenza il giudice rinviò le carte alla procura perché venissero valutate eventuali responsabilità di Anas, la cui posizione fu poi archiviata dal giudice su richiesta del pm. L'impatto contro il guard rail fu decisivo nel determinare il decesso della 25enne. Nel 2018 si è aperto il processo di appello, a seguito del ricorso presentato dai genitori della vittima, che si erano costituiti parte civile nel procedimento di primo grado. Il processo riguarda solo la parte civilistica della vicenda, relativa ad un eventuale risarcimento verso i familiari, assistiti dall'avvocato Fabio Anselmo.

Nell'udienza di oggi, spiega il padre di Carolina Contini, è stato ascoltato il perito nominato dal giudice. Tuttavia, afferma sempre Roberto Contini, «il procuratore generale di Firenze ha già fatto pervenire le proprie conclusioni scritte. Vuole che la sentenza di assoluzione, anche sul piano civile, venga confermata». «A lui - prosegue - non interessa quello che ha da dire il perito del giudice, come se Carolina fosse morta per colpa propria. Ci interessa sapere come si possa arrivare a stabilire che in buona sostanza la colpa sarebbe solo della nostra povera figlia»