Pienone per Zerocalcare Il fumetto parla ai giovani

E’ stato presentato il libro ’No Sleep Till Shengal’ di Michele Rech. Assemblea aperta indetta dall’associazione Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia

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Zerocalcare a Livorno, per parlare di Kurdistan. A primo impatto, può sembrare uno strano binomio. In realtà, tutt’altro: con il suo ultimo lavoro “No Sleep Till Shengal”, il celebre fumettista gira da settimane come una trottola l’Italia per raccontare, servendosi delle sue tavole, del viaggio da lui realizzato nella terra degli Yazidi (comunità all’interno della etnia curda) a Shengal nel 2021, un "territorio-diaspora" in cui 8 anni fa cinquemila persone sono state uccise dall’Isis, centinaia sono morte di fame e sete e più di seimila donne e bambine sono state rapite, violentate e ridotte in schiavitù. Gli “Hangar Creativi” di via Meyer sono stati quindi teatro naturale di una giornata evento inaugurata con la presentazione del libro, seguita poi da un’assemblea aperta indetta dall’associazione Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia.

Presente il sindaco Salvetti, che non ha mancato di sottolineare "come Livorno e la Mezzaluna Rossa continuino dal 1993 - anno della sua fondazione in città - a battersi per i diritti civili". Protagonista indiscusso di giornata è stato però un Michele Rech, in arte Zerocalcare, visibilmente emozionato, data anche l’inaspettata folla di fan e incuriositi accorsa all’ex deposito atl (più di 500 persone, ben oltre la capienza consentita dalla struttura), ma non per questo meno lucido nel riempire di dettagli, aneddoti e sensazioni del suo viaggio diventato oggi un libro a fumetti, partendo dal titolo: "La prosecuzione ideale dell’altro fumetto, Kobane Calling, con due citazioni di due brani musicali di band punk a me molto care, unita alla difficoltà e alle lunghe notti insonni per giungere a destinazione".

Il viaggio è stato da lui motivato dall’esigenza di "accendere i riflettori su quello che stava succedendo a Shengal, visto che stava scadendo l’ultimatum dell’Iraq, intenzionata a riprendersi quel pezzo di terra per riportarlo alle sue leggi, con la Turchia che spingeva affinchè questo avvenisse, minacciando altrimenti di bombardare. L’idea quindi era quella di andare sul posto per testimoniare quanto stava succedendo". Un’opera "faticosa" per il fumettista di Rebibbia, specie nel "riuscire nell’intento di raggiungere lettori su temi di cui ultimamente si parla molto poco". "Tutti guardano ora al conflitto in Ucraina. Da qui, la necessità di riprendere qualche passaggio per continuare a parlare di Medio Oriente". Le pagine più intense sono però tutte dedicate ai racconti della Shengal di oggi: "Una società combatte per essere libera, perché libere sono le donne. Una società in cui, per esempio ogni struttura si dota sempre di una doppia carica di co-presidenti, un uomo e una donna, in cui nelle strutture militari le donne imparano a difendersi per non essere più alla mercé com’è successo con il genocidio del 2014".

“No Sleep Till Shengal” "ha voluto essere anche la polaroid dei miei stati d’animo: non sono il mitomane ’che non ha mai paura’". "Ho voluto provare a disegnarla, la paura, con la speranza di stabilire una connessione con chi mi legge, nonostante il rischio di passare per “piagnone”; sempre meglio piagnone che mitomane però".

Francesco Ingardia