"Processo mediatico, mio figlio è innocente"

Il video sui social di Cristiano Lucarelli: lo storico bomber amaranto portava la maglia con il numero 99, anno di nascita di Mattia

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di Gabriele Masiero

"Ho sempre messo la faccia, figuriamoci per una cosa che ho creato io, per un ragazzo al quale ho trasmesso i valori. Dopo aver letto gli atti rafforzo ancora di più l’idea dell’innocenza di mio figlio. E’ un processo mediatico, quello che ci spaventava". Cristiano Lucarelli, inizia così il video sui social.

Il calcio gli ha dato tanto, anzi quasi tutto. Ma la vera popolarità a Cristiano Lucarelli gliel’ha data quella scelta di dire "no" a un sacco di quattrini per vestire, quasi all’apice della carriera agonistica, la maglia del suo Livorno, quella che non aveva mai indossato, ma che aveva amato fin da quando frequentava la curva Nord. Era il 2003 e Cristiano Lucarelli era all’apice della sua carriera. Ha 28 anni e ha già segnato decine di gol in serie A e B, nella massima serie del resto era già stato con l’Atalanta e si era fatto apprezzare con cinque reti. Al Torino resta due anni e si fa amare anche per un gol segnato alla Juve. Bomber di razza che rinuncia ai soldi e al massimo campionato per amore. Si dimezza lo stipendio e si trasferisce a Livorno. Una favola d’amore, onorata a suon di gol e consacrata nel 2004 con quel libro manifesto di un calcio molto distante dai petrodollari di oggi e dai mondiali in Qatar o le supercoppe dei sauditi. ’Tenetevi il miliardo’, scritto insieme al suo procuratore Carlo Pallavicino, è una dichiarazione d’amore. Non solo alla squadra del cuore, ma anche alla città natale dalla quale è partito ragazzino per dar calci ad un pallone e dove ha scelto di tornare da calciatore professionista per trasformare quell’amore in qualcosa di più: farlo diventare leggenda. Ed è proprio quel Livorno di Protti e Lucarelli a scrivere la storia. Guidato in panchina da Walter Mazzarri di San Vincenzo. Sulle spalle Lucarelli indossa il numero 99, l’anno di nascita di Mattia, quel figlio primogenito travolto ora da una notte drammatica della scorsa primavera quando militava in C e che ha accettato di scendere di categoria. Propio come babbo. Eppure Cristiano ci tiene tanto a quel figlio vestito d’amaranto, anche se a scorrazzare in campetti di periferia. Non conta la categoria, conta la maglia. Per mettersi l’elmetto in testa e battagliare per la sua gente. Come quando litigò con Di Canio. Lui comunistissimo e il capitano della Lazio avvezzo ai saluti romani. Era calcio e tanto folklore.

L’amore per l’amaranto non passa neppure quando i rapporti con il patron Aldo Spinelli diventano insopportabili e Lucarelli sceglie il paradiso dorato di Donetsk (ancora non c’era la guerra di Putin e l’Ucraina galoppava senza il fardello sovietico sulle spalle). Era il 2007, il portafoglio del bomber si riempie di milioni di euro e la città finisce sotto choc. Non sarà mai più come prima, si rompe anche l’incantesimo del "Tenetevi il miliardo". Il ritorno nel 2009, in prestito dal Parma, non basta a evitare la retrocessione. Ma quell’amore è ancora lì. A Terni da allenatore conosce Bandecchi e lo convince a dare una mano al Livorno per ripartire dalle ceneri dell’epopea di Spinelli. E’ storia di oggi e piuttosto accidentata, tra Eccellenza e serie D. Storia amara.