«Solo in balìa di una crisi epilettica e maltrattato al pronto soccorso»

Ospedale Villamarina ancora nel mirino: paziente sporge denuncia

Roberto Martelli con la moglie in ospedale

Roberto Martelli con la moglie in ospedale

Piombino, 5 novembre 2017 - A DUE ANNI dalla vicenda delle quattordici morti sospette per emorragie improvvise e del presunto serial killer su cui la Procura sta ancora indagando, l’ospedale Villamarina di Piombino torna a far parlare di sé in negativo. Per la denuncia di un paziente che – colpito da una crisi epilettica in atto – sarebbe stato trattato con modi decisamente bruschi e poi lasciato incustodito per oltre tre quarti d’ora, durante i quali, in preda al delirio, avrebbe girovagato nelle corsie per perdere i sensi, ferendosi, in una delle stanze del pronto soccorso. Lui è Roberto Martelli, 36 anni, piombinese, ed è anche uno dei testimoni ascoltati dalla Procura sullaa vicenda delle morti sospette, perché nel settembre 2015, per choc da scossa elettrica mentre faceva dei lavoretti in casa, era finito in rianimazione, venendo a contatto con Fausta Bonino, l’infermiera che la Procura indica come la serial killer dell’ospedale. Il problema che lo porta di nuovo in ospedale è legato a quell’incidente domestico, in seguito al quale ora soffre di epilessia. Roberto sta tornando da una visita quando una crisi lo colpisce in macchina. La moglie chiama il 118. E già con il medico dell’ambulanza iniziano i problemi. «Era convinto che avessi un attacco di panico – racconta Roberto – e per dimostrarlo mi infila il dito nell’occhio e lo fa muovere velocemente, lasciandolo arrossato. Poi mi prende sotto le braccia, e sotto gli occhi sbalorditi di passanti ei assistenti, tra una botta alla testa, una alla schiena, una alla caviglia e una all’anca mi “lancia” sul lettino. Intanto io mi riprendo, delirante come a volte capita in fase post critica. Arrivo in ospedale, mia moglie spiega all’infermiera del triage che sto delirando e che in quelle fasi non vado mai lasciato solo. Si offre di stare dentro con me, ricevendo gentile, comprensibile rifiuto».

«A QUESTO punto – continua – cosa sia successo dentro non lo so. Dopo tre quarti d’ora mi sono risvegliato senza possibilità di muovermi, tremante, in un lago di pipì, con la saliva delle convulsioni in bocca e in gola che a momenti soffoco, un dolore alla testa lancinante, la faccia contro un muro di piastrelle bianche e pavimento bianco, senza riuscire a muovermi per chiamare qualcuno. I rumori da fuori mi terrorizzano e una frase mi colpisce: “è scappato il giallo! Trovatelo!”. L’incubo finisce quando entra la dottoressa. Con voce calma ed umana, mi tranquillizza e dopo una prima valutazione mi affida all’infermiere Triage e ad altri due. Come lei esce, iniziano incalzanti domande sul perché mi fossi alzato senza chiedere aiuto, intanto un infermiere mi afferra per il braccio facendomi male. Grido, mia moglie sente, si spaventa e suona, chiede di nuovo di entrare, ma le dicono di stare al suo posto che il personale sa fare il suo lavoro. Intanto torna la dottoressa che ordina di far entrare mia moglie, mi rassicura, mi aiuta ad alzarmi e mi mette sul lettino e Mi presta le dovute cure. Possibile che un paziente in delirio venga lasciato libero di girare in pronto soccorso con strumentazioni e dispositivi pericolosi a portata di mano?».