"Pomodoro 'falso italiano', la filiera toscana rischia il ko"

Neri (Confagricoltura : "Il caso Petti mette a rischio tutto il comparto del pomodoro in Maremma". L'azienda: "Merce estera per prodotti a marchi terzi, chiariremo tutto". Gli altri interventi

Marco Neri, presidente Confagricoltura Toscana

Marco Neri, presidente Confagricoltura Toscana

Livorno, 28 aprile 2021 - "La frode che ha riguardato l'azienda Petti è il chiaro segnale che il pomodoro maremmano deve essere valorizzato ancora di più di quanto non sia stato fatto fino ad oggi".

Lo afferma Marco Neri, presidente di Confagricoltura Toscana, sulla vicenda che ha coinvolto l'azienda Petti di Venturina che utilizza parte del prodotto da industria coltivato in Maremma. "Se confermato dalla indagini - prosegue -, il comportamento dell'azienda è assolutamente da stigmatizzare e mette ancora più in evidenza come l'aumento della domanda di questo prodotto renda necessario una maggiore valorizzazione, anche economica, del pomodoro maremmano. Il consumatore deve scegliere non solo in funzione del prezzo, ma della qualità. Se ci fosse una minore marginalità sulla distribuzione e commercializzazione forse riusciremo a tutelarlo ancora di più".

In Toscana sono coltivati a pomodoro circa 2.000 ettari, il 50% dei quali in Maremmail resto tra le province di Livorno, quella di Pisa e il Mugello. Per coltivarlo in provincia di Grosseto si spendono mediamente dai 5 ai 7.000 euro per ettaro, con una resa di 850 quintali. "Se lo si pagasse, come avveniva nel 2017, 82 euro alla tonnellata, non sarebbe più conveniente la sua coltivazione. Con l'avvento di Petti, vi è stata una crescita del prezzo all'origine fino ai 105-120 euro e dunque ad una redditività più elevata, ma ancora non sufficiente a garantire i margini giusti per gli agricoltori". "Spero - conclude Neri . che ipotesi di reato come quelle contestate alla azienda livornese non frenino e non pregiudichino in qualche modo la trasformazione toscana, perché si rischierebbe di interrompere una filiera importante per l'economia toscana e la sostenibilità economica e ambientale".

L'INTERVENTO DI ANICAV - "In merito alle indagini avviate dai carabinieri per la tutela agroalimentare e forestale in provincia di Livorno, che hanno coinvolto il Gruppo Petti e alcuni suoi dirigenti, siamo assolutamente certi che gli inquirenti potranno chiarire nel più breve tempo possibile quanto effettivamente accaduto in questa vicenda, anche per evitare speculazioni che troppo spesso hanno messo a repentaglio l'immagine di un comparto fondamentale per la filiera agroalimentare italiana". Così una nota dell'Anicav, Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali dopo il sequestro di prodotti all'azienda livornese.

"Nel frattempo, non possiamo che riporre la stessa fiducia anche nell'azienda coinvolta augurandoci che possa, dal canto suo, chiarire la propria posizione e dissipare ogni dubbio sul proprio lavoro", si legge nella nota. "L'Associazione ribadisce il suo totale impegno a favore della massima trasparenza a tutela dei consumatori, così come testimoniato nel corso degli anni anche dalle posizioni assunte a sostegno dell'introduzione dell'etichettatura di origine obbligatoria per tutti i derivati del pomodoro, che, ha reso obbligatorio ciò che volontariamente le nostre aziende già fanno e continueranno a fare indicando in etichetta la provenienza italiana del pomodoro", conclude Anicav.

LA NOTA DELL'AZIENDA - "In merito alle notizie pubblicate in questi giorni sulle indagini attualmente in corso da parte del nucleo carabinieri di Livorno per la tutela agroalimentare - è la nota dell'azienda -, la società Italian Food Spa presenterà nei prossimi giorni tutta la documentazione più dettagliata e completa per dimostrare la tracciabilità del prodotto semilavorato oggetto delle indagini e la conseguente richiesta di dissequestro merce". "In questo momento, la priorità per la Società è di verificare e chiarire tutti gli aspetti con le autorità preposte - si legge ancora nella nota dell'azienda -, in quanto la merce semilavorata industriale di provenienza estera, rinvenuta tra lo stock di prodotto toscano e italiano stivati nei magazzini, viene regolarmente utilizzata come da altre aziende del settore conserviero per il confezionamento di prodotti a marchi terzi, destinati all'esportazione fuori dall'Italia". 

"L'Azienda - conclude la nota - ha piena fiducia nell'operato delle forze dell'ordine e delle pubbliche autorità e non intende rilasciare ulteriori dichiarazioni finché le indagini non saranno concluse, nel pieno rispetto delle stesse. Restiamo a disposizione per fornire chiarimenti sul prosieguo della vicenda nelle prossime settimane".

L'ASSESSORA REGIONALE - “Ci sono due punti fermi in questa preoccupante vicenda: la fiducia nel lavoro degli inquirenti e della magistratura e la necessità di salvaguardare il futuro della filiera toscana del pomodoro e dei tanti addetti e su questo aspetto l’attenzione della Regione, a difesa dei produttori locali, dei lavoratori impiegati nel comparto e dei consumatori, sarà massima”. La vicepresidente e assessora all’agroalimentare, Stefania Saccardi, interviene sull’inchiesta per presunta frode in commercio che ha coinvolto l’azienda Italian food del Gruppo Petti. “Le frodi alimentari – prosegue – sono nemiche non solo della salute dei cittadini, ma anche della buona economia, soprattutto in un settore come quello dell’agroalimentare che, in Toscana, ha nel rispetto della qualità e della tipicità i suoi punti di forza”.

L'INTERVENTO DELLA LEGA - Gli onorevoli Mario Lolini, commissario della Lega Toscana e membro della commissione agricoltura, e Manfredi Potenti, commissario provinciale della Lega di Livorno, uniscono la preoccupazione che si registra a quella sull'inchiesta della Petti. ''Purtroppo piove sul bagnato - affermano - Da parte nostra riteniamo che la magistratura debba fare il suo corso sulle contestazioni collegate all'inchiesta per frode in commercio, anche perché rappresenta un brutto colpo all'immagine delle nostre produzioni che giunge in una fase economica già critica. Nell'immediato, però, auspichiamo un esito positivo, anche temporaneo, della vicenda collegata all'impianto di depurazione affinché la produzione possa ripartire ed i coltivatori abbiano un punto di riferimento nello stabilimento di Venturina. Su questo fronte siamo pronti ad interrogare il ministro Patuanelli''.;