La memoria divisa

L'editoriale

Firenze, 28 aprile 2019 - Fare i conti con il passato, con la nostra Storia, è una operazione che, evidentemente, non siamo ancora capaci di fare. Ce lo diciamo, lo ripetiamo, lo speriamo, ma non ci riusciamo. Neppure dopo oltre 70 anni dalla fine di quella che non osavamo neppure chiamare guerra civile. Né i casi della Germania e della Francia, né quello della Spagna ci sono stati e ci sono da esempio. La ricorrenza del 25 Aprile, festa della Liberazione, è ogni anno la prova di questa incapacità collettiva. Divisioni e polemiche, alle quali siamo fin troppo abituati, si rinnovano. Il 25 Aprile, invece, ci riporta anche al bisogno di avere una memoria comune sulla nostra Storia. Se da una parte sentiamo come intollerabili le posizioni negazioniste o le fake news storiche, dall’altra non riusciamo a trasformare il ricordo in patrimonio di tutti.

La Resistenza è stata fatta col sangue soprattutto dai nostri partigiani, ma anche dall’associazionismo cattolico e non dimentichiamolo, anche dai nostri soldati, delle migliaia che non furono protagonisti del “tutti a casa” e anche dagli ebrei. Fu un’ulteriore tragedia, appendice della Seconda Guerra mondiale.

Per questo dobbiamo continuare a lavorare, nonostante tutto, perché il prossimo 25 Aprile, festa della nostra libertà diventi evento di tutti gli italiani. Dobbiamo farlo perché senza memoria è difficile immaginare e costruire, individualmente e collettivamente, il nostro futuro. Non è retorica. E’ sostanza, è verità perché la memoria altrimenti rimane sospesa tra il ricordo e la Storia. Importante certo trasmettere la memoria perché così diventa o testimonianza. Che appunto si fa Storia superando l’aspetto soggettivo che, legato ad accadimenti vissuti personalmente, porta con sé le passioni che ha suscitato.

Perché è solo nel momento in cui le memorie personali si fanno memoria collettiva passano attraverso quel processo di rielaborazione, corroborato dalla ragione, che offre, sotto una luce nuova e diversa, la possibilità di avere nuovi sguardi sulla realtà che comunque custodisce, del vissuto, ogni insegnamento, nel bene e nel male. Dobbiamo pensare alla memoria insomma come l’ingrediente essenziale della ragione. Ma senza lo scarto che rigenera tra esperienza vissuta e rielaborazione nel ricordo, la ragione non può imporsi sulle passioni e illuminare la visione del presente sul futuro. La memoria va intesa dunque non come valore statico ma dinamico. E questo vale per tutti e per ognuno di noi. Se poi la memoria riesce a diventare valore condiviso allora diventa bene comune, un bene allargato, profondo e diffuso di cui una collettività, tornata in pace con se stessa, può goderne.

Certo non è facile giungere alla condivisione, non solo per ovvie interpretazioni diverse di ricostruzioni storiche, ma anche, purtroppo, per gli egoismi, gli strabismi, le tattiche di cui l’uomo è portatore sano per senso di appartenenza. Il prossimo appuntamento è per il 25 Aprile 2020. Sarà ancora come lo è sempre stato? Noi abbiamo il dovere di insistere perché la verità storica finisca per prevalere. Tutti siamo chiamati a lavorare per questo obiettivo.