I giornali sono persone

L'editoriale del direttore Agnese Pini

Firenze, 2 agosto 2019 . Da oggi, per la prima volta nella sua lunga storia, La Nazione sarà guidata da una donna, Agnese Pini, già vicedirettore della testata, che saprà innovare con entusiasmo nel rispetto della tradizione. A lei i nostri migliori auguri di buon lavoro. Ringraziamo Francesco Carrassi per il lavoro svolto in questi anni. - L’Editore Andrea Riffeser Monti

Cari lettori, forse non è usuale dirvi che mentre vi scrivo queste righe per presentarmi, salutarvi e ringraziarvi, mi tremano le mani. Il punto è che, davvero, non mi aspettavo l’affetto che fin dalle primissime ore alla guida de La Nazione mi avete dimostrato: non c’è niente che ci renda più vulnerabili dell’affetto, che ci metta più in soggezione. Ho già un debito di fiducia con tutti voi.

A 34 anni non ho lunghi curricula da presentarvi, ma se vi basta posso dirvi quello che ho imparato lavorando da sempre, da quando ero una ragazzina, nelle redazioni di questo gruppo editoriale: a La Nazione, poi a Il Giorno, poi di nuovo a La Nazione. Posso dirvi quello che ho visto e quello che so, con onestà, come mi hanno insegnato a fare da quando ho scritto i miei primi articoli.

So, per prima cosa, che noi siamo dei cronisti. Ebbene, fra tutti i modi in cui si può fare giornalismo, quello del cronista resta il più nobile: razza ruvida, difficile e brillante. So anche che a chi dice che il giornalismo di carta è moribondo, rispondo: se un giornalismo sta morendo è quello dei privilegi, delle cricchette e dei favoricchi, degli strizzatori d’occhio di professione.

Quel giornalismo, che è sempre stato di una esigua minoranza, non lo merita la nostra categoria, ancora meno lo meritate voi lettori. I giornali vivono perché sanno aspettare. Sanno mediare i linguaggi violenti e sgraziati della politica che intasa il web. Sanno offrire un prodotto di pensiero e di pazienza. Così leggere La Nazione nel 2019 - tanto sulla carta quanto sui nostri portali internet - significa regalarsi del tempo per capire e ritrovarsi in una comunità reale. Un giornale lo puoi amare.

Potresti amare un social network? Per questo noi continuiamo a crederci. Ci troverete tenaci e pazienti e affamati in fondo alle aule dei consigli comunali, nei corridoi dei palazzi di giustizia e delle questure, davanti ai marciapiedi dissestati o ai negozi svaligiati dai ladri, insieme ai cittadini truffati, maltrattati, arrabbiati o invece felici perché è capitato loro qualcosa di così bello che non può non essere raccontato.

Ci troverete con in mano tablet e telefonini, ma non prendeteci in giro quando, a un certo punto, tireremo fuori da una tasca penna e taccuino. Noi cronisti siamo dei romantici e la penna è la nostra divisa delle grandi occasioni: è lei la nostra alta uniforme. E infine, concedetemi una nota autoreferenziale: sono la prima donna a diventare direttrice de La Nazione, in 160 anni.

Non lo sottolineo tanto perché creda che le questioni di genere debbano diventare una bandiera: le bandiere avvelenano i dibattiti, li fanno avvitare su loro stessi. Lo sottolineo, invece, perché è un atto d’amore che devo a tutte le croniste coraggiose che in 160 anni hanno camminato in questi corridoi.

Lo devo alle colleghe intelligenti e appassionate con cui lavoro, a cominciare dalla vicedirettrice Laura Pacciani. Lo devo infine alle giornaliste che verranno, e che saranno sempre più brave e numerose. Ringrazio per questa occasione il mio editore, Andrea Riffeser Monti, e i suoi figli Sara, Matteo e Bruno per la fiducia che mi hanno concesso.

Ringrazio e saluto il direttore che mi ha preceduto Francesco Carrassi, e il nuovo direttore editoriale Michele Brambilla che mi accompagnerà in questa avventura. E a voi, cari lettori, dico: bussate, scrivete, chiamate. Dateci fiducia, criticateci duramente, e poi se potete perdonateci quando sbaglieremo. I giornali da sempre, oggi più che mai, esistono per raccontare le vostre storie. I giornali sono persone. E noi ci siamo.