Cinque ragazze nel caos del Vietnam. Stars, storia da film

Il documentario della regista Wilma Labate debutta domani al Festival del cinema di Venezia

Le Stars, band tutta al femminile degli anni '60

Le Stars, band tutta al femminile degli anni '60

Livorno, 4 settembre 2018 - Si facevano chiamare le Stars, perfette nel loro look tipico anni ‘60. Quello del beat: capelli e gonne corte, pantaloni stretti e occhi bistrati di nero. Con quelle divise e le pose da dive nelle foto d’epoca sbiadite, tra gli strumenti musicali, sembravano i ‘fab four’ di Liverpool. Ma erano ragazze semplici della provincia toscana: Viviana Tacchella, Rossella Canaccini, Daniela Santerini e Franca Deni. E Manuela, di cui si sono perse le tracce.  Venivano dalla rossa Livorno, dalla Piombino d’acciaio e dalle fabbriche Piaggio di Pontedera. Protagoniste inconsapevoli di un viaggio al centro della guerra, nel Vietnam delle albe al napalm. Una storia incredibile targata 1968 - che è diventata un documentario intitolato ‘Arrivederci Saigon’ sotto la regia di Wilma Labate per Solaria Film - pronta per il debutto domani al Festival del Cinema di Venezia. «Oggi sono tranquille e mature signore che vivono tra la Toscana e la Sardegna - spiega la regista - Eppure sono custodi dei segreti di un’avventura che le ha cambiate per sempre. Uno stravolgimento culturale e musicale che, però, all’epoca non fu capito».  Un’avventura che è anche un romanzo di formazione...  «Sono partite che erano ragazzine di provincia e si sono ritrovate catapultate in un luogo conflittuale dove sono cresciute, loro malgrado. È stato qualcosa di irripetibile, come il ‘68 stesso».  Avevano proposto loro una tournee in Estremo Oriente, ma avevano letto male il contratto...  «Una volta a Manila scoprirono che erano state ingannate e che la loro destinazione era il Vietnam, nelle basi dei soldati americani sperdute nella giungla. Non avevano i soldi per tornare indietro ed era la loro prima volta su un volo intercontinentale».  Cosa rappresentava uscire dalla provincia toscana?  «Un sogno. Erano bravine, ambiziose. Ingenuamente cercavano il successo e si erano buttate su quell’opportunità. A distanza di tanti anni loro stesse concordano che quell’avventura sia stata un dono. Rispetto alle altre ragazze di 18 anni di Livorno o Piombino loro coetanee ne sapevano molto di più. Erano state calate in una situazione turbolenta, ricca di avvenimenti e di storia ma anche di violenza e di pericoli».  E la musica?  «Era la loro missione fin dall’inizio e in Vietnam hanno imparato il significato vero del termine soul, stando a contatto con i soldati afroamericani che hanno insegnato loro molte cose. Inoltre, sicuramente non hanno rischiato quello che rischiavano i militari poiché stavano nelle basi nei momenti di pace. Ma si trattava pur sempre di parentesi di una guerra: hanno vissuto bombardamenti, attacchi e situazioni al limite. Oggi hanno la libertà di raccontare tutto».  Diceva che al loro rientro non furono capite...  «Quando tornarono dopo tre lunghi mesi e si seppe che avevano suonato per gli yankees, furono emarginate e la storia dell’incredibile tournee a Saigon è rimasta sepolta. Finora».