Andrea Ferretti si gode l'amaranto: "Quando parlo del Livorno ho sempre i brividi"

Il numero nove, al momento a quota 15 gol stagionali, ha raccontato l'emozione di giocare nel Livorno, dalla firma fino a ogni piccola sfaccettature di un'ambiente decisamente... particolare

Livorno 22 gennaio 2022 - Quello tra Andrea Ferretti e il Livorno è il classico esempio di amore a prima vista. Un colpo di fulmine puro, profondo, vero. Si emoziona quando al telefono parla dei suoi primi momenti con la maglia amaranto e non lo nasconde, fa impazzire (e impazzisce) i suoi tifosi quando segna e corre sotto di loro. Andrea Ferretti è stato il primo capitano del nuovo Livorno, in quella amichevole di Rosignano che mai si scorderà. Come la presentazione, la rete a Castelfiorentino e la prima sotto la Nord. Ferretti è ‘l’arma letale’ degli amaranto, pur non tifando Livorno racchiude quello che ogni persona che va ogni domenica allo stadio farebbe se giocasse. Sudare la maglia, dare tutto, ed esplodere di gioia. Ferretti è l’incarnazione della celebre frase di Osvaldo Jaconi “Livorno non vuole campioni, ma persone disposte a sposare una causa’. Entrambi si vogliono, dipendono l’uno dall’altro. Ferretti e l’amaranto, il Livorno e Andrea. Alla sua età non si sarebbe mai immaginato di sognare un’avventura del genere, quindi per favore, nessuno lo svegli.

Ferretti, come è andata questa prima parte? Fare una squadra in quindici giorni non era facile bisogna dare il merito a tutti. I primi giorni c’era un entusiasmo enorme, la presentazione non ti dico è stata l’emozione più grande perché voglio riservarmi ancora qualche sorpresa. Aveva delle aspettative? Io non vivo Livorno, non l’ho mai vissuta. Chiedevo a Luca (Mazzoni ndr), Milia (MIlianti ndr) e Frati come fosse. Prima partita ho avuto l’onore di indossare la fascia da capitano, un’emozione indescrivibile. È tosto, pesante, proprio bello. I tifosi tutti attaccati alla rete, non si sentiva niente. Bellissimo. È vero che dopo il San Miniato avete capito cosa significasse giocare nel Livorno? A noi qua non ci fanno mancare niente. Due magazzinieri, tre dottori, tutto preciso è una cosa incredibile. Il presidente, i pagamenti, il pullman. Non siamo una squadra d’Eccellenza, c’è solo il campionato e non va sottovalutato. Questo è tutto bello e il mister lo disse perché eravamo belli ma non ballavamo. Igor dopo il San Miniato ha detto una cosa strabiliante, ha centrato quello che dovevamo essere e lì sembra strano, ma ci è girato. Cosa significa per lei giocare qua? Per me è un orgoglio, quando mi alzo la mattina e vado agli allenamenti sono il bimbo più felice del mondo. Sono in una squadra che ci sto bene, con dei ragazzi super, una società sana. Tutto questo in una città che vive di calcio. Mi dicevano i ragazzi che l’entusiasmo era svanito, averlo riportato tutti insieme è una cosa fantastica. Prima di firmare ho fatto il giro dello stadio due volte, non ci credevo. E mi piange il cuore… Perché? Perché la carta d’identità è quella. Però va bene, mi vivo il momento. Io ho raccolto quello che ho seminato, potevo fare delle scelte rispetto ad altre, ma non ho rimpianti. Credo molto nel destino e nella ‘fortuna’ delle cose. Cosa le piace di tutto questo? Qua devi dare sempre qualcosa di più e questa cosa mi piace. Il mister ha ragione quando dice ai giovani della fortuna che stanno avendo. Lo sono anche io, magari ripenso a quando davo per scontate alcune cose dall’alimentazione all’intensità degli allenamenti. Qui è perfetto, bisogna stare sempre sul pezzo. E i suoi amici che ne pensano? All’inizio di tutto mi hanno detto perché abito tra Pontedera e Ponsacco, quindi da queste parti si tifa il Pisa, anche se io sono sfegatato della Roma… e del Livorno. È normale, si fa così tra amici. Ma poi hanno capito che era una grande opportunità.