"Le parole di Vernace confermano ciò che è già evidenza, una verità accecante. E ancora mi chiedo se vi sia qualcuno che parla della presenza di nebbia nella rada del porto di Livorno quella notte del 1991. Ormai è ribaltata la tesi che veniva portata avanti prima della prima Commissione parlamentare d’inchiesta. L’importante è che si faccia luce su questo disastro entro la fine dell’attuale legislatura".
Luchino Chessa (nella foto), presidente dell’associazione 10 aprile e figlio di Ugo, comandante del traghetto quella notte, porta avanti la battaglia dei familiari delle vittime del disastro del Moby Prince insieme all’associazione “Moby 140“, guidata da Nicola Rosetti. "E’ tardi? Non importa. Non c’è mai fine alla ricerca della verità. Gli anni persi sono dovuti all’accultamento di quello che poteva essere successo – spiega Chessa – Ok, c’è stato lo scontro tra il traghetto e la petroliera. Vogliamo sapere qual è il disegno che è stato costruito intorno, quali le responsabilità sia per la collisione sia per quanto riguarda chi ha ’lavorato’ fin da subito per nascondere i fatti".
E guarda indietro ma anche al futuro: "Lo dobbiamo ai familiari, lo dobbiamo a chi nel frattempo se n’è andato e non può più portare avanti questa battaglia. Per raccontare ai nostri figli questi 33 anni e così rinsaldare il patto di verità e giustizia tra comunità e istituzioni. Siamo all’ultimo miglio, è l’ultima occasione per rinsaldare la verità storica di quella tragica notte".
I.C.C.