Viaggio nel cuore del nuovo Archivio di Stato

Ieri i primi documenti sono stati trasferiti nell’ex carcere dei Domenicani. La direttrice Francioli: "Una grande emozione"

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Sono pesanti quegli scatoloni che gli operatori della Premio di Bologna traghettano con attenzione nell’ex carcere dei domenicani nel cuore della Venezia. Sono pesanti perché rappresentano la memoria storica della nostra città. Documenti settecenteschi dell’Archivio di Stato che, nel 2004, furono trasferiti a Perugia perché a Livorno non c’era uno spazio adeguato per custodirli. Ma ieri per Livorno è stato un giorno importante. "Sono emozionata – dice la direttrice Cristina Francioli – aspettavo da anni questo momento". Si entra con lei e con Maria Enza Stagi – colleghe e amiche da 35 anni, gelose custodi di questo patrimonio – in quello che fu prima un convento dei monaci domenicani, poi lo storico carcere livornese. "Questa è la cella di Sandro Pertini – ci mostra con emozione la direttrice – entrando così nella storia". Le celle ospitano grandi scaffali dove troveranno riposo due chilometri di volumi ancora imballati. Documenti della questura, del tribunale, dei commissariati di polizia, materiale che solo in parte è stato digitalizzato. Costa troppo farlo e le nove persone che lavorano all’Archivio di Stato – l’architetto Riccardo Ciorli è andato da poco in pensione – non ce la fanno a compiere la titanica impresa. "Sono passati 16 anni e finalmente rivediamo i nostri documenti – dice Francioli – rappresentano una parte di noi, un patrimonio che per anni studenti, professionisti e ricercatori non hanno potuto consultare". Gli ambienti sono stati dipinti in verde lorena. Impianto antincendio, riscaldamento, una bella mole di lavoro per render agibili le celle. "C’è ancora tanto da fare ai piani superiori – dice la direttrice – all’ultimo piano ospiteremo salette di lavoro e nella chiostra, la zona dove i detenuti prendevano aria, programmeremo spettacoli e altri eventi". Ovviamente nell’era post covid. Ma il sogno si avvera. Nell’ex carcere infatti saranno trasferiti tutti gli archivi, l’ultimo rimasto fuori città è quello del Cantiere Navale che si trova a Latina. ’In direzione ostinata e contraria’, le parole di De André sono diventate il motto della rinascita dell’Archivio di Stato.

Michela Berti

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