"Corsa contro il tempo per lavorare"

Abbiamo incontrato Mohamed Jeridì che è finito con il suo scooter contro un’auto in corso Mazzini

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È stato operato lunedì Mohamed Jeridi, di nazionalità tunisina, il rider di 39 anni (li compirà il 23 ottobre) ferito nell’incidente stradale di domenica sera. Ha il femore spezzato in due e il ginocchio danneggiato, entrambi alla gamba destra.

Un automobilista alla guida di una Bmw lo ha travolto mentre percorreva Corso Mazzini. L’uomo al volante, un sessantenne straniero sulle prime fuggito, lunedì mattina si è presentato al comando della polizia municipale dove è stato denunciato per omissione di soccorso e gli è stata ritirata la patente. Abbiamo incontrato Mohamed in ospedale nel reparto di ortopedia.

Cosa è accaduto?

"Stavo facendo le ultime con segne. Mancavano quindici minuti alla fine del turno. Aspettando l’ultimo ordine, stavo percorrendo in sella allo scooter Corso Mazzini provenendo da viale Italia. Dalla direzione opposta ho visto arrivare la Bmw. Ha iniziato a svoltare verso Borgo Cappuccini. Prima di farlo avrebbe dovuto far passare i mezzi che avevano la precedenza. L’automobilista non si è fermato. Quando mi sono reso conto della situazione, ho cercato di frenare per fermarmi, ma non è bastato. Addirittura l’automobilista ha accelerato per passare in tutti i modi per evitarmi, invece ha peggiorato le cose".

Le condizioni di lavoro per voi rider?

"Non sono del tutto negative. Diciamo però che ci sono problemi con alcuni ristoranti che ci costringono a lunghe attese, alla fine delle quali magari non arrivano gli ordini".

Quando riuscite a fare le consegne?

"Intanto più se ne fanno, più si guadagna. Perciò la nostra è una corsa contro il tempo per aggiudicarci più ordini possibile. Poi quando abbiamo l’ordine, ci sono clienti che pretendono la consegna al piano. Quanto arriviamo al piano non lasciano nemmeno la mancia. Per pagare qualcuno usa le monetine da dieci centesimi".

I rider lavorano con la partita Iva?

"La gran parte sì. Anch’io".

Da quanto tempo fa questo lavoro?

"Da febbraio di quest’anno. Prima lavoravo come capo turno e facevo manutenzione in un’azienda di spezie all’ingrosso.".

Da quanto vive in Italia?

"Dal 2006. Vivo a Livorno con mio figlio di 7 anni. Lo mantengo grazie al mio lavoro di rider. Visto l’incidente che mi è capitato, ho chiamato la mia ex moglie che vive a Milano per chiederle di prendersi cura del bambino. Lui sta con lei ora".

Cosa ha raccontato a suo figlio?

"Gli ho detto che ho fatto un piccolo incidente e che tornerò presto a casa".

E’ iscritto a un sindacato?

"È venuto a trovarmi un sindacalista del Nidil-Cgil che si è impegnano a darmi una mano con le pratiche per l’infortunio sul lavoro".

Ha conosciuto William De Rose il rider morto a marzo?

"Certamente. Era una brava persona. Tra rider ci conosciamo tutti".

Vuol dire qualcosa a chi guida ogni giorno sulle strade?

"Voglio invitare tutti a rispettare il Codice della Strada. Per un’imprudenza si può morire. Non solo chi è in auto, ma anche i pedoni che attraversano le strisce senza guardare".

Monica Dolciotti