Gas, l’occasione perduta. I "no" che ora pesano

Rosignano, il progetto Bp-Edison-Solvay venne osteggiato e poi bocciato. Rifiutati 450 milioni di investimenti e 8 miliardi di metri cubi annuali

L’impianto di Rosignano oggi sarebbe funzionante se non si fosse detto no al piano

L’impianto di Rosignano oggi sarebbe funzionante se non si fosse detto no al piano

Rosignano (Livorno), 11 marzo 2022 - I tecnici della Bp lo avevano detto 19 anni fa, presentando il progetto (insieme a Edison e Solvay), del rigassificatore che doveva sorgere a Rosignano: in futuro avremo più bisogno di gas. "Per non risentire troppo delle variazioni dei prezzi e delle tensioni geopolitiche – aveva spiegato l’ingegnere della Bp – bisogna dotarsi di impianti di rigassificazione che consentono di aquistare gas in parti diverse del mondo". I gasdotti da soli non bastano, perché se il fornitore alza il prezzo o taglia il rifornimento sono guai.

La Nazione (basta andare a rivedere gli articoli dell’epoca) lo aveva detto chiaramente che si stava facendo la scelta sbagliata: il no al rigassificatore ci sarebbe costato caro. E chi oggi si arrabbia per le costose bollette del gas (400-500 euro a bimestre) può ringraziare chi, anni fa, fece la scelta sbagliata e tutti i vari comitati del No che presentarono anche ricorsi al Tar contro il progetto. Tanto per rinfrescare la memoria, il progetto Edison Bp Solvay prevedeva lo spostamento dei depositi del gas dalla costa all’interno del perimetro dello stabilimento Solvay con il trasporto del gas attraverso condutture interrate. Raddoppio della capacità di stoccaggio da 4 a 8 miliardi di metri cubi all’anno di gas (attraverso il raddoppio dei serbatoi: due da 160 mila metri cubi invece di una sola unità come previsto dal primo progetto). Il piano consentiva lo spostamento dello stoccaggio dell’etilene all’interno dell’area industriale Solvay, liberando la costa e aumentando la sicurezza e la possibilità di sfruttare il freddo che si origina dalla rigassificazione. Le frigorie prodotte dal passaggio del gas naturale dallo stato liquido a quello gassoso avrtebbero consentito di alimentare un’industria di surgelati. Il Progetto Rosignano, aveva ottenuto già nella sua prima versione la Via (valutazione di impatto ambientale) dal ministero dell’ambiente nel 2004 e il Nos (nulla osta sicurezza) del comitato tecnico regionale. Un investimento di oltre 450 milioni di euro che è stato rifiutato e oggi non solo Rosignano, ma tutti i consumatori italiani ne pagano le conseguenze. All’epoca a dire no al rigassificatore oltre al comitato furono anche alcuni operatori turistici e associazioni di agricoltori, pro loco e ambientalisti. L’ultimo atto, nel 2019, l’accoglimento del ricorso da parte del Tar del Lazio che mise la parola fine sulla vicenda, sentenza che fu accolta favorevolmente dall’allora sindaco Alessandro Franchi.

E ora, con la drammatica accelerazione dell’aggressione russa in Ucraina, si capisce quanto sia importante avere fonti energetiche diversificate, sia per non finanziare le guerre, che per calmierare i prezzi. Lo sapevamo anche 15 anni fa, ma non abbiamo voluto vedere la realtà. Oggi chissà se potremo in qualche modo rimediare con un rigassificatore a Piombino.