Il mito di Cura, la dea romana che plasmò l’uomo Cosa accadde tra lei, Giove, Terra e Saturno

L’essere plasmato si sarebbe chiamato ’uomo’ perchè creato dall’humus

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Nella mitologia Romana, Cura era la Dea dell’inquietudine.

Il mito racconta che, un giorno, nell’attraversare un fiume, l’attenzione di Cura sia stata attratta dal fango argilloso. Pensosa, senza bene rendersi conto di quello che stava facendo, Cura si mise a modellare la figura di un uomo. La Dea chiese a Giove di soffiare lo spirito vitale nella scultura da lei plasmata, cosa a cui Giove acconsentì con facilità.

Fu così che nacque questo essere a cui bisognava dare un nome.

Ne nacque un litigio su chi avrebbe dovuto dargli il nome tra Giove, che gli aveva infuso la vita, Cura che lo aveva plasmato e Terra che aveva fornito il materiale da plasmare.

Per risolvere la controversia fu chiamato a pronunciarsi Saturno il cui giudizio distribuì le rivendicazioni: a Giove, che aveva infuso lo spirito sarebbe toccato, alla morte di quell’essere, di rientrare in possesso dell’anima; alla Terra, della cui materia l’essere era composto, sarebbe tornato il corpo dopo la morte; ma a possederlo durante tutta la vita sarebbe stata l’Inquietudine, la prima a plasmarlo.

Il nome, invece, non sarebbe toccato a nessuno dei tre contendenti: l’essere si sarebbe chiamato ’uomo’, perché creato dall’humus.