Il ‘sogno’ di Robertino. «Ora possiamo tornare»

Il figlio di Mamma Franca: «Restituiteci gli spazi»

Roberto Pannocchia

Roberto Pannocchia

Livorno, 21 aprile 2018 - Mercatini, chicche per collezionisti ma anche tipicità e oggetti vintage: l’agorà incastonata nel cuore del centro riparte da qui. «E’ la storia che si ripete, ricordo che l’avventura ‘commerciale’ di piazza XX Settembre era iniziata proprio con il vintage, con Babbo Sandro che tra gli anni ’50 e ’60 si era messo a vendere le ceramiche di Montelupo e i jeans Rifle su una brandina americana. Poi sono arrivate le pellicce e il negozio – racconta Roberto Pannocchia, figlio dell’indimenticabile Mamma Franca – In quella piazza si poteva trovare di tutto, oggetti messi insieme qua e là, alcuni americani doc e altri trovati nelle cantine della gente. Proprio come sta accadendo di nuovo adesso, con il ritorno dei banchi che promuovono lo spirito del vintage grazie all’impegno del Ccn. Certo è che da quando il Mercatino Americano è stato smantellato e trasferito nell’area del porto – prosegue Pannocchia – la città ha perduto un simbolo e noi quella visibilità e quell’immediatezza che ci contraddistingueva. E’ il momento di tornare, è il nostro sogno: qualità e riqualificazione, è questa la ricetta».

Se c’è una bandiera, un’icona che è stata capace di interpretare e cristallizzare la vera essenza della piazza XX Settembre è senz’altro Mamma Franca. Bionda e carismatica, popolana e commerciante con il naso per gli affari: lei, legata a doppio filo con la tradizione colorita tipica dei mercati livornesi. Le televendite delle pellicce di ‘Roberta Pelle’ restano piccole perle condite di umorismo involontario che restituiscono ancora oggi la grande complicità di Mamma Franca con il figlio ‘Robertino’. «L’avevano soprannominata la Padrina, voleva bene a tutti – ricorda con un sorriso – Era vera e spontanea: una presenza benevola che ancora aleggia sulla piazza e nel cuore della gente. La bottega era diventata come una seconda casa, bastava uno sguardo fuori e si incrociavano gli occhi e gli sguardi dell’intero quartiere. Mi ricordo quell’estate del 1984, con la burla di Modigliani. Non si parlava d’altro e in piazza erano arrivati attori, curiosi e collezionisti di ogni tipo che si mescolavano tra la gente comune. Qui l’aspetto sociale è sempre stato il punto forte. Lo sarà sempre».

Irene Carlotta Cicora