Livorno, 23 aprile 2018 - Venezia è la sua seconda città, nato a Livorno il sindaco Filippo Nogarin ha trascorso i primi anni della sua vita proprio a Venezia, per questo i suoi occhi si sono posati sulla scultura di Lorenzo Quinn – figlio dell’attore Antony Quinn – quelle mani che saranno rimosse dall’hotel Sagredo sul Canal Grande.
L’ha imposto da Soprintendenza di Venezia per quella che doveva essere un’installazione temporanea. «L’idea di portare l’opera di Quinn a Livorno è nata perché ho letto che questa bellissima opera, che ha un significato importante, sarà rimossa. Sono mani che sorreggono una città fragile come Venezia, e che fanno riflettere sulle variazioni climatiche».
Ecco che si è accesa la lampadina nella mente del sindaco grillino: «A Livorno abbiamo vissuto il frutto di questa fragilità, ecco che ho sentito la forza di questa installazione e ho provato a contattare delle persone che conoscevo a Venezia per capire come muovermi. Sono in contatto con la proprietaria dell’albergo sul quale si appoggiano le mani di Quinn, la signora Lorenza Lain e nei prossimi giorni vedremo se sarà possibile avere quest’opera». I tempi sono stretti, la Soprintendenza ha imposto un paio di settimana per spostare la scultura alta sei metri. E intanto c’è la corsa ad accaparrarsi la scultura.
«Ora la questione ha assunto un altro sapore – dice il sindaco – perché nel frattempo, un po’ per gioco un po’ sul serio, ho contattato anche l’Autorità Portuale e informato giunta e consiglieri di maggioranza. Da tutte le parti è arrivato un evidente consenso. Ma al momento siamo ancora ai sogni...». L'opera di questo artista di fama internazionale rischia di finire in un magazzino: «Sarebbe una condanna per un’opera d’arte – dice Nogarin – perchè allora non portarla a Livorno?».
Dove? «Da Venezia alla Venezia... Mi piacerebbe alla Fortezza Nuova». L’artista non è stato ancora interpellato, però il sindaco ha ingranato la marcia e farà di tutto per mettere a segno il risultato. «Del resto tra metterla in magazzino o fargli vivere una vita cercando di simboleggiare quel messaggio importante della fragilità del territorio – chiude Nogarin – credo che anche il grande Quinn potrebbe essere d’accordo».