Pasticciaccio brutto di via del Limoncino

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Michela

Berti

Discarica Limoncino, una delle tante vicende tragicomiche di Livorno. La cava, più di dieci anni fa, finì nel piano di ripristino ambientale che prevedeva l’utilizzo di rifiuti speciali non pericolosi (inerti e inorganici). Insomma, non un ‘disastro ecologico’ diceva la Provincia ma un’operazione ’ecologicamente virtuosa’. Provincia e Comune dettero le autorizzazioni alla famiglia Bellabarba, proprietaria della cava, per avviare lo smaltimento dei rifiuti. Rifiuti che, però, non sono mai arrivati perché l’unica strada di accesso alla discarica è via del Limoncino. Quella strada che ha messo a ferro e fuoco le amministrazioni locali per stabilire se fosse pubblica o privata; battaglie legali, fior di avvocati, querele, consigli comunali infuocati con un comitato capitanato dalla ‘pasionaria’ Rosaria Scaffidi, storica professoressa di francese, che non è capitolato nemmeno quando volavano le pesanti accuse di abusivismo. Al Limoncino, e non solo, sono spuntati annessi agricoli diventati graziose villette. Fu così che, sotto un pressing incessante – dove la politica si schierava quando dalla parte dei frontisti, quando da quella di Bellabarba salvo poi impugnare le regole urbanistiche e ambientali – si mise mano a un piano degli annessi agricoli per far placare la contestazione. Tutti gli abusivi diventarono miracolosamente regolari mentre la Bellabarba ’piegata’ dall’impossibilità di portare avanti la redditizia attività di smaltimento dei rifiuti, mandò i dipendenti a casa e sulla discarica calò il sipario. Fino a quando, pochi giorni fa e di buon mattino, alcuni operai hanno iniziato a potare le piante che danno sulla strada. Bellabarba ha le carte in regola per conferire i rifiuti;

i frontisti hanno i fogli del tribunale che ‘certificano’ la natura privata di via del Limoncino. Tutti tirano la giacca alle istituzioni che si trovano con le mani legate… Ecco quel ‘pasticciaccio brutto’ di via del Limoncino.

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