Quel ’caos calmo’ di Kutufà

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Michela

Berti

Quando entravo nel suo ufficio in Provincia, la cosa che mi colpiva

di più era il disordine sulla scrivania. Una montagna

di fogli, cartelle, libri che coprivano ogni centimetro

del tavolo. Poi facevo una domanda e Giorgio Kutufà sfilava dalla pila di carte un foglio senza far cadere tutto ciò che stava sopra. Aveva le idee chiare, nel suo mondo.

Ed è per rendere omaggio a queste idee che venerdì la sala del mare al Museo di Storia Naturale si è riempita di amici – ma anche di persone che non volevano mancare – per ricordarlo con le parole, in alcuni passaggi per niente scontate, di Giuseppe Matulli, Vannino Chiti e Elisa Amato. Ora, sia chiaro, Giorgio non è stato simpatico a tutti e ha avuto parecchi ’nemici’, soprattutto nelle file della Democrazia Cristiana. Ma la sua onestà intellettuale faceva la differenza. Ed è per questo che ora c’è chi sgomita per autoproclamarsi ’erede politico’. Perchè spendere il nome di Giorgio è un bel biglietto da visita per chi bazzica i palazzi delle istituzioni. In verità, benchè la sua porta fosse aperta a tutti, il ’cerchio magico’ dei preferiti era piuttosto ristretto. C’erano Maurizio Scatena, Luca Lischi, Fabio Di Bonito e Alessandro Giovannini, fedeli alfieri. Dopo la fusione della Margherita con i Ds, Giorgio era riuscito a dialogare anche con una bella fetta di ’compagni’. Ma spesso si faceva beffa di qualche trinariciuto nostalgico della falce e martello, piazzando i ’suoi’ in posti strategici lasciati scoperti dalle lotte intestine. Negli ultimi anni, quando ormai non aveva più incarichi istituzionali ma era sempre presente nelle assemblee e riunioni di partito, qualcuno

lo additava perchè troppo presente e dunque ingombrante. Ora, però,

il Pd ne sente la mancanza, perchè ha lasciato

un vuoto che nessuno

è ancora riuscito a colmare.