Questi i nostri pensieri spontanei, di ragazzi di 12 anni, catapultati da una pandemia, ancora non conclusa, ad una guerra dalla portata mondiale. Alessio, che soppesa le parole scrive: "Ospitare un bimbo ucraino, sarebbe un’esperienza unica e anche toccante: guardarlo e pensare a ciò che ha vissuto, probabilmente mi impedirebbe di parlargli subito… per paura di dire una qualsiasi cosa sbagliata, che possa ferirlo…".
Jacopo non ha alcun dubbio: "La mia è una famiglia molto accogliente e non avremmo alcun problema ad aprire la nostra casa ad un profugo di guerra. La lingua? Non è un problema! Mio fratello grande
è fidanzato con una ragazza che conosce l’ucraino
e quindi potrebbe fare da interprete".
Marco, ottimista così si esprime: "Appena arrivato,
gli farei vedere la nuova cucciolata: sono nati da poco e sono dolcissimi e sicuramente lo farebbero sentire meglio. Ora ho le stampelle e non posso ancora fare tante cose, ma sono sicuro che troverei un modo per farlo divertire e renderlo contento. Sono certo che si creerà un bel legame e dopo, quando finirà tutto, lo saluterò e sorriderò nel vederlo tornare a casa".