La ’linea del Piave’ dei Democratici è un esile vantaggio di due punti

Tutte le polemiche e le proteste per il terminal gas non sembravo però aver inciso più di tanto sull’esito del voto in città

Piombino non è più una ’roccaforte rossa’ e lo si era capito dalle amministrative del 2019, che per la prima volta in 75 anni, avevano portato alla guida del Comune un sindaco di Fratelli d’Italia, Francesco Ferrari, sia pur appoggiato da una lista civica trasversale. Tuttavia il Pd mantiene la bandierina del primo partito in città. Alle due di notte i Democratici fermano Fratelli d’Italia sulla linea del Piave mantenendo un leggero vantaggio sul partito di Meloni. Dopo le prime 20 sezioni il Pd supera il 23% e FdI si ferma al 22,87%. Il dato definitivo sarà 24,64% per il Pd e 22,66% per Fdi.

Ma che cosa è successo nella città che per lungo tempo della canmpagna elettorale è stata al centro del dibattito nazionale a causa del progetto dei rigassificatore? La prima osservazione che si può fare è che i comitati del no al progetto hanno influito in piccola parte sul voto. Prima di tutto a Piombino l’affluenza pari al 66% è stata in linea con gli altri centri della costa livornese. Quindi non c’è stata una protesta ben definita legata alle urne, come qualcuno adombrava alla vigilia. In secondo luogo tutti i partiti favorevoli al rigassificatore non sono stati puniti dal voto dei piombinesi. Non è stato punito il Pd nonostante il commissario e presidente di Regione Eugenio Giani sia stato duramente criticato dai comitati contrari all’impianto. Non è stato punito Fratelli d’Italia che con Giorgia Meloni ha detto che i rigassificatori servono e che, se non si individua un’alternativa di altrettanto rapida esecuzione, si dovrà fare a Piombino (e l’alternativa con gli stessi tempi di Piombino non esiste). Non è stato punito molto neppure il terzo Polo di Calenda che a Piombino è venuto (unico leader nazionale) per dire che il rigassificatore è sicuro e si deve fare per evitare che famiglie e imprese si trovino nei guai.

L’unica ’anomalia’, che si può in qualche modo ricondurre al voto dei no gas, è il 7% incassato da Unione Popolare. Che si è sempre dichiarata contraria al rigassificatore, ma che a Piombino può contare sul proprio candidato, Fabrizio Callaioli, il quale oltre a essere consigliere comunale (eletto con Rifondazione Comunista), è anche capolista al Senato nel collegio toscano. Poi fa abbastanza bene anche il Movimento 5 Stelle con il 16%, ma questo risultato è in linea con la tendenza nazionale, per cui è difficile attribuire la percentuale al no al rigassificatore. No che peraltro non sempre è stato chiaramente espresso dai pentastellati. I dati finali disegnano comunque una città molto frammentata, con due blocchi principali rappresentati da Pd e Fratelli d’Italia, con una Lega e Forza Italia ai minimi, con un Movimento 5 Stelle ancora superiore al 15% e poi con un vasto schieramento di forze della ’vecchia sinistra che va da Unione Popolare alla Sinistra e Verdi e Pci che comunque insieme arrivano a superare il 10%, mentre il Terzo Polo a Piombino si attesta fra il 5 e 6%. Un quadro totalmente diverso da quello di due anni fa, alle regionali del 2020 quando il Pd prese il 40%. Tutto è cambiato, ma non proprio per il gas.

Luca Filippi