Dai rottami nascono pantere e meduse: Luca Polesi, l’artista del ferro dona vita alla materia

In una baracca all’Elba nascono opere di tutti i tipi. Con pezzi riciclati. La storia di un muratore e del suo percorso

Luca Polesi (Foto Roberto Ridi)

Luca Polesi (Foto Roberto Ridi)

Campo nell’Elba (Livorno), 29 novembre 2023 – In baracca a Filetto (Marina di Campo) tutto scorre. Ogni cosa segue il suo verso naturale, senza troppe elucubrazioni filosofiche o di maniera.

Nessuna infiocchettatura, nessun vezzo di protagonismo. Nessuna perdita di tempo. Luca Polesi ha il dono della riduzione all’essenziale. Anche perché «di lavoro» fa il muratore. Poi, appena può («menomale che la santa donna della mi’moglie mi sopporta ancora») scappa in baracca e l’alchimia si compie. Balestre e grattugie, mestoli e pentolini, pedivelle e forcelle di bicicletta diventano pantere, cani, elmi da gladiatore, meduse, pietà. Naturalmente su tutto campeggiano falce e martello. Ma quelli non li vende.

Luca Polesi con una sua opera
Luca Polesi con una sua opera

«Sono una specie in estinzione, un comunista di Berlinguer, non parlatemi del Pd», ci tiene a precisare.

Luca come ha iniziato?

“Il dito fu galeotto. Il 29 luglio del 1995, appena sposato, mi feci male me lo tagliai di netto con uno sgabellino, in casa non c’era ghiaccio. Arrivai al pronto soccorso con la mano nei fiori di zucca e il dito nei fagiolini congelati. In forzata convalescenza, vidi in tv il traliccio di una teleferica riadattata a opera d’arte nel giardino di un ospedale e mi venne l’ispirazione. Così iniziai ad aggeggiare con quello che mi capitava sotto mano. Artisti si nasce o si diventa? Tutte e due. Io fin da piccolo ero bravo in disegno e volevo fare studi artistici. Andai a studiare fuori anche se mi sentivo dire: ‘Poi da grande che fai pitturi?’. Tempo dopo mio padre, muratore anche lui, si ammalò. Arrivarono i problemi economici e lo scoglio mi mancava, così decisi di rientrare e mi misi a lavorare, poi l’indole è rivenuta fuori da sé”.

Un suo rimpianto e un desiderio?

“Rimpianti non ne ho. Il mio più grande desiderio è creare sempre, giorno e notte. La fama e i soldi non mi interessano. Preferisco la stima, il rispetto e la libertà”. 

I suoi lavori preferiti?

«Il Toro, perché l’ho interiorizzato e il giorno che l’ho realizzato era già lì che mi aspettava. ‘La Guardiana’ perché l’ho fatta con soli 3 pezzi in un incastro perfetto. Ma anche ‘Per Pietà’ e ‘Il Pappagallo’".

Riconoscimenti ricevuti?

La più grande soddisfazione è stata quando Umberto Esposti, il nipote di Lucio Fontana, mi fece i complimenti per i disegni nel libro di Gianfranco Panvini. Nel 2003 a Porto Sant’Elpidio (Ancona) 1° posto ( scultura riciclata), Capalbio, 2004, 2° posto, Lecce 3° posto. Poi non mi sono più mosso".

Parliamo un po’ di lei, cosa mangia e cosa beve?

”Pizza, in tutti i modi, la mangerei sempre e vino bianco, dell’Elba naturalmente".

Cosa ascolta e cosa guarda?

"Ma, più che altro sto in baracca. Comunque rock e tutto Einaudi. Dovessi scegliere un film: Il Gladiatore”.

Ringraziamenti?

"Al fabbro Domenico Marchiani con cui ho iniziato. A tutti quelli che mi hanno aiutato quando nel 2018 la baracca si è incendiata e naturalmente a mia moglie Patrizia e mia figlia Virginia. Ultimo ma non ultimo il fotografo Roberto Ridi che ha concesso in anteprima le immagini tratte dal suo progetto in cantiere’«Elbani. Ferro e sale. Granito e sole’, fatica che vedrà la luce tra un paio di anni”.