Livorno, è mancata la forza del carattere

La squadra ancora una volta ha dimostrato di non saper reagire alle avversità e di essere molto fragile dal punto di vista dei nervi

Migration

Lo specchio di una stagione, la cronaca di un disastro annunciato. Il momento clou della gara di domenica tra Pomezia e US Livorno, che è costata la Serie D agli amaranto, è stata senza dubbio il momento dell’espulsione. Dopo un violento diverbio in campo e sugli spalti, dove i tifosi di casa hanno lanciato pezzi di ferro e fumogeni verso il settore ospiti, l’arbitro ha sventolato il cartellino rosso al numero 5 Ruggiero cacciandolo negli spogliatoi dopo neanche mezz’ora.

In quel momento una squadra che ha voglia di vincere, di guadagnarsi la categoria, di vincere per i propri tifosi doveva assumere un atteggiamento battagliero nei confronti di un avversario che, seppur costretto a vincere, si era trasformato improvvisamente in un leone ferito. E invece no, c’è chi ha gli attributi e chi no, chi sa soffrire e tirare fuori gli artigli nel momento del bisogno. Certamente non stiamo parlando della squadra di mister Giuseppe Angelini, il quale non ha parlato nel post gara, che dopo neanche dieci minuti dall’espulsione è riuscita a farsi infilare per ben due volte (tremenda fase difensiva di Palmiero) con una facilità disarmante. E i tentativi di acciuffare il pareggio? Goffi e confusionari. I tempi regolamentari si sono chiusi con lo stesso risultato dell’andata. I tempi supplementari, in cui a farla da padrona è stata la fatica, sono scivolati via senza reti. Ai rigori, proseguiti a oltranza, l’ha avuta vinta il Pomezia: decisivi, in senso negativo, per il Livorno, gli errori dal dischetto di Vantaggiato, di Petronelli e dell’ex Siena Ghinassi.

Già, la confusione, quella della squadra in campo che senza alcuna idea di gioco ha cercato di tirare avanti per tutto il mese collezionando un imbarazzante bottino di due vittorie in otto gare, di un allenatore apparso più volte in difficoltà nella gestione dei momenti in corso e dei cambi e infine la confusione degli increduli quattrocento presenti. Dispiace soprattutto per tutti coloro che si fanno i chilometri per amore di una maglia e che, puntualmente, vengono sbeffeggiati da città e squadre con meno di un briciolo di storia. Cenaia in Coppa Italia, Tau nella gara decisiva per la Serie D e ancora W3 Maccarese e Pomezia. In casa il gesto di mettere le mani dietro le orecchie, sotto la Curva Nord, non viene dimenticato. Davanti ai tifosi furiosi non solo per l’esultanza provocatoria, ma per l’indifferenza di una squadra senza un capitano, senza un leader, senza un briciolo di reazione e amor proprio. Senza personalità. Perché, evidentemente, "con i nomi" ci si può giocare soltanto ai videogiochi.

Filippo Ciapini