ALESSANDRO ANTICO
Sport
Editoriale

Livorno non sa odiare. Sa soltanto amare

Joel Esciua e Enrico Fernandez Affricano (Foto Novi)

Joel Esciua e Enrico Fernandez Affricano (Foto Novi)

Livorno, 14 giugno 2023 – Sono molti gli spunti di riflessione forniti dalla conferenza stampa di Joel Esciua. Mi soffermo su uno in particolare, che poi è quello evidenziato per primo: la disaffezione del pubblico, soprattutto dei più giovani, verso il Livorno calcio. Lo ha detto Fernandez Affricano nella sua introduzione: uomo saggio, come sempre, ha colto davvero nel segno. Lo ha ripetuto Esciua praticamente all’inizio. 

Premessa – Grandissimo e legittimo l’entusiasmo per la pallacanestro. La Libertas e la Pielle ci hanno regalato emozioni fortissime quest’anno, purtroppo finite in modo amaro nei playoff, ma indubbiamente intense, coinvolgenti, travolgenti. Il solo derby in campionato aveva contato più di ottomila spettatori al Modigliani Forum, poi le partite nella poule successiva avevano sempre riempito il PalaMacchia e il PalaTenda di Piombino. 

Tanto di cappello al basket, insomma, perché ha saputo far rinascere un entusiasmo di massa intorno agli sport di squadra di Livorno. E non sottovalutiamo il rugby, che pur avendo un pubblico numericamente inferiore è riuscito a mantenere il nome della nostra città nella massima serie con una stagione formidabile, cominciata decisamente in salita ma conclusa con un meritatissimo quinto posto. Ottimo il risultato anche nella pallavolo, con il Tomei che si è salvato.

Quello che è mancato – e che manca da troppo tempo – è proprio il calcio. O meglio, l’entusiasmo per il calcio e per i colori amaranto. E’ un aspetto che Fernandez Affricano ed Esciua hanno sottolineato subito: nuda e cruda, la verità talvolta fa male. E questa fa male in modo particolare, perché in ogni caso l’amore viscerale per il calcio a Livorno è sempre stato di casa. Dal 1915 in poi la nostra città ha sfornato emozioni e campioni, è un dato di fatto oggettivo.

Ma con il trascorrere del tempo e con l’ultima (purtroppo lunga) parte della gestione Spinelli, il pubblico si è progressivamente allontanato dai gradoni del “Picchi”. Stadio troppo grande per una passione raffreddata, anzi frustrata di brutto, ma non certo per colpa dei tifosi. Non certo per colpa dei livornesi, che la maglia amaranto l’hanno sempre amata, la amano ancora e la ameranno sempre.

Perché siamo qui? – Facciamoci una domanda e diamoci una risposta. Nel volgere di pochi anni siamo passati dalla Serie A e dalla Serie B ai dilettanti. Siamo finiti in Eccellenza e in Serie D. Abbiamo giocato derby con il Cenaia e poi abbiamo regalato punti a una squadra che si chiama Montespaccato, ci siamo fatti divorare il fegato dal Figline Valdarno e poi dalla Pianese. Con tutto il rispetto verso tutti e verso tutto, ma il Livorno si è ritrovato in Eccellenza e in Serie D perché qualcuno ce l’ha fatto finire, sprofondare e perfino umiliare.

Quel qualcuno non è il pubblico, che trova più affascinante veder giocare almeno un bel campionato di Serie B, per esempio, o almeno una Serie C di vertice via, invece che un torneo di categoria inferiore. Il Livorno di Renzo Melani ripartì dalla C2, si dirà. Certo, ma era una C2 in cui si contavano ventimila spettatori all’Ardenza, non c’erano le super-tv, si giocava la domenica pomeriggio e il Livorno era comunque lo squadrone Dio ci scampi e liberi dall’incontrare.

Oggi siamo in Serie D. Ci risiamo per il secondo anno consecutivo. Abbiamo fatto beneficenza in casa e in trasferta a squadre che esporranno per tutta la vita il gagliardetto del Livorno nella loro bacheca come se fosse quello del Real Madrid, diciamocelo francamente. Non giriamoci intorno: se l’appetito vien mangiando, a Livorno da qualche anno ci hanno fatto diventare anoressici. “Ci hanno fatto diventare”, sia chiaro. L’entusiasmo, la passione, l’amore sono sentimenti che vanno ravvivati, che necessitano di coinvolgimento da ambo le parti, non da una sola.

Pensiamo positivo – Bene hanno fatto Fernandez Affricano ed Esciua a far notare la loro amarezza nel vedere lo stadio vuoto, nell’avvertire il peso della distanza, il chiasso assordante che provoca il vuoto sugli spalti. E’ lo stimolo migliore per invertire la tendenza. Invertirla da subito, come ha promesso Esciua, costruendo una squadra che nel giro di un campionato riporti il suo nome nei calendari dei professionisti e i tifosi a fare le corse alle rivendite per comprare i biglietti. Tu riportami in Serie C, intanto; riportami a giocare in città vere, in stadi veri, in campionati veri; vedrai che l’entusiasmo ti travolgerà. Perché Livorno non sa odiare: Livorno sa soltanto amare.

Esciua ci sembra la persona giusta per il rilancio. Vuole fare le cose per bene, programmate, studiate in modo tale da non avere ripensamenti o pentimenti per le scelte effettuate. “Non facciamoci prendere dall’ansia”, ha detto. Giusto. Magari il fatto che i giornali facciano nomi, beh, fa anche parte del gioco… Lo farebbe (e lo fa) qualunque giornale di qualunque città e Stato. Lo farebbero (e lo fanno) nei Bar Sport a qualsiasi latitudine, non certo solo a Livorno.

Non è mai facile ripartire da zero, ma peggio sarebbe stato se ci fossimo ritrovati con un presidente del tipo “vabbè, intanto vediamo e poi… si starà a vedere”. Esciua è uomo che conosce il mondo della finanza, ne conosce a fondo le regole scritte e quelle non scritte, ha contatti, ha un’innata e spiccata vocazione al lavoro. Che segue in prima persona com’è giusto che sia, soprattutto quando si deve ripartire dalle fondamenta. E qui, amiche e amici, il lavoro da fare è proprio questo.     Alessandro Antico