"Vorrei precisare una cosa in merito a un argomento di cui in questi anni si è parlato molto. La nebbia: non esisteva, non c’era. Quella notte era tutto chiarissimo. Ciò che è comparso in seguito all’incidente e che ha oscurato tutto sono stati fumo, condensa con le fiamme. E allora sì che non si vedeva a tre metri, quattro metri. Con i nostri fari non si vedeva più nulla perché c’era questo grande fumo nel mare. La nebbia però non c’era".
A parlare è Massimo Vernace, ex marinaio di leva all’Accademia navale militare di Livorno all’epoca del disastro del Moby Prince. Ed era di guardia quella maledetta notte del 10 aprile 1991: 140 le vittime dopo l’impatto con la superpetroliera Agip Abruzzo.
Ieri mattina a Palazzo San Macuto di Roma, nell’ambito del percorso della terza Commissione parlamentare d’inchiesta sulle cause del disastro, si è svolta la sua audizione durante la quale ha ripercorso con la memoria ogni istante. Dal cambio della guardia al boato e all’ascolto confuso delle comunicazioni di soccorso. "Sono montato di guardia intorno alle 22 e dalla mia postazione vedevo la petroliera ferma davanti all’Accademia con le luci di posizionamento. Poi ho visto il Moby Prince uscire dal porto: era tutto illuminato, sembrava un albero di Natale – ha raccontato Vernace – Mi sono dedicato alle mie attività lavorative, dopo un po’ ho udito un boato: mi sono voltato, inizialmente non capivo ma dopo poco ho visto le fiamme altissime, fino al cielo. Ho dato l’allarme ai miei compagni, ci siamo collegati sul canale di emergenza, si sentiva parlare di soccorsi che secondo me non hanno tardato tantissimo. Ma il problema è che quando ti metti sotto una nave che va a fuoco, i soccorritori sono stati presi un po’ dal panico perché in quella circostanza era difficile agire".
Vernace, che dopo il servizio di leva ha svolto il lavoro di meccanico moto a Livorno, ha precisato che tra il 1993 e fino a oggi non ha avuto notizie sui fatti da colleghi, né richieste di sollecitazione da altri: "Mi ha contattato solo Loris Rispoli del comitato dei familiari delle vittime – ha spiegato – Era un argomento che comunque avevo rifiutato, un episodio che mi aveva personalmente segnato". E ha aggiunto con forza, incalzato dalle domande dei commissari cui ha confermato di essere stato sentito nel corso delle indagini in merito alla collisione solo due anni dopo. "Per tanti anni mi stizziva sentir dire da autorità o esperti che quella sera c’era nebbia, invece non c’era. Veder insistere per il contrario significava che qualcosa non tornava, ma io non sto a questo gioco". E ancora: "Se ho notato in transito altre unità navali? Per come ricordo no, o non ci ho fatto caso".
La Commissione monocamerale d’inchiesta sulla tragedia del Moby Prince si è insediata a marzo scorso, è presieduta dal deputato di Forza Italia Pietro Pittalis (ai tempi della seconda, guidata da Andrea Romano, era vicepresidente). "Non partiamo dall’anno zero: è la terza nave la pista da battere", sottolineò subito. Terza nave che potrebbe avere interferito con la rotta del Moby Prince, costringendo il traghetto alla fatale virata. La prima Commissione parlamentare d’inchiesta stabilì, nel 2018, l’assenza di nebbia in rada a Livorno. Mentre la seconda, la cui relazione finale è targata settembre 2022, mise a fuoco la presenza della terza nave “fantasma“ sulla quale ora si concentrano le indagini.