MICHELE BRANCALE
Cultura e Spettacoli

Ebrei deportati, alla ricerca del rabbino "nel campo dei fiori recisi"

Il memoriale di Sonia Contini Saracco sopravvissuta ai campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau con la sorella

'Nel campo dei fiori recisi' di Francesco Belluomini (foto di Antonello Serino, U.St.Met)

'Nel campo dei fiori recisi' di Francesco Belluomini (foto di Antonello Serino, U.St.Met)

Livorno, 30 agosto 2017 - 'Nel campo dei fiori recisi', libro di Francesco Belluomini edito da Aracne, declina in forma narrativa il memoriale di Sonia Contini Saracco sopravvissuta ai campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau con la sorella. Solo dopo la sua morte, nell’ottobre 2014, all’età di ottantatrè anni, il documento è stato consegnato per la pubblicazione a Belluomini, scrittore, poeta e presidente del Premio letterario Camaiore, anch'egli purtroppo scomparso il 27 maggio scorso a causa di una malattia.

Sarebbe opportuno un supporto storiografico sul memoriale per specificare ulteriormente circostanze, personalità e luoghi, su questo viaggio nell'inferno dissimulato, apparentemente inesistente, dei bambini internati nel Kinderblock di Birkenau dove Sonia tredicenne si trovava insieme alla sorella Daniela, uniche superstiti della sua famiglia deportata nella primavera del 1944 e appartenente alla comunità ebraica di Livorno.

Proprio alcune pagine sulla “partenza” meritrano, tra le altre, un approfondimento. Nella mattina del 26 marzo del 1944 con la famiglia Contini ed altri (“fummo svegliati di soprassalto da un piccolo gruppo di soldati delle SS armati di mitraglietta con al seguito un paio di fascisti che non erano sconosciuti a mio padre Ernesto”) viene rastrellato quello che viene ricordato come il rabbino anziano della sinagoga di Livorno, con il nome, così riportato da Belluomini, di Nedo Cattaf. Non si è riusciti, al momento, a rinvenire altre testimonianze su di lui.

Sonia Contini tuttavia dona un ritratto di quest'uomo nelle pagine del libro. Gli ebrei di Livorno vennero portati alla stazione centrale, dove da un treno con i deportati catturati a Roma si sentiva gridare per ottenere acqua da bere: “I tedeschi ci avevano imposto di salire sul carro merci a noi destinato fino a esaurimento dei posti... Per fortuna sul nostro vagone era salito per primo il rabbino Nedo Cattaf, che si era messo subito a divivere i maschi dalle femmine tra tutti quelli che erano saliti sullo stesso carro”.

A quella decisione non ci si poteva opporre. L'intenzione del rabbino, infatti, era “quella di evitare il contatto tra maschi e femmine, visto che ci si doveva sorreggere l'uno con l'altra per non cadere sul pianale del carro e venire calpestati dagli altri, oltre a quella di evitare imbarazzi alle donne e anche agli uomini, domandando alla muraglia umana di ogni lato di rservare un po' di privacy al momento che tutte quelle persone del nostro carro avrebbero dovuto inevitabilmente espletare i propri bisogni corporali”.

Al rabbino vennero consegnate, in qualità di capo carro, due latte da una ventina di litri ciascuna di acqua da bere, un mestolo da passare di bocca in bocca e delle pagnotte di pane nero tedesco che sarebbe durato poco più di un giorno. Di Cattaf, dopo questi ed altri particolari che ne rivelano senso di responsabilità e il ruolo di amministratore delle scarse provviste per un viaggio durissimo fino all'inferno, non è scritto di più.

'Nel campo dei fiori recisi' è per certi versi complementare a 'L'inferno sulla terra' di Sima Vaisman (ed. Giuntina), le cui pagine sono altrettano asciutte e veritiere. Nel leggere le pagine composte da Belluomini, tornano alla mente alcuni versi di Laura Voghera Luzzatto, contenuti in 'Kelippòt' (Giuntina) e intitolati 'Cartocci'. L'originale è in dialetto veneziano, ma la traduzione in italiano operata dall'autrice è altrettanto efficace: “Campi di mais/ con le foglie che si spezzano (e frusciano)/ se le tocchi/ paiono il materasso (di cartocci)/ del tempo di guerra/ quando con il freddo/ dell'ottobre 1943/ giocavamo nel granaio:/ non sapevamo ancora che/ i bambini già evaporavano/ nel camino – in fumo - / così come i cartocci/ nel focolare di casa”.