Campiglia Marittima (Livorno), 8 settembre 2024 – Natale 2023, era solo con il suo cane, in un momento difficile Dario va a suonare ai carabinieri a Campiglia Marittima. Gli apre il comandante, lo guarda e comprende che quell’uomo aveva bisogno di un aiuto. Quell’aiuto è stato prezioso, Dario quella mano tesa non l’ha mai dimenticata e a distanza di molti mesi ha valuto rendere pubblica questa sua storia, semplicemente per dire a quel carabiniere “grazie”.
A ripercorrere quel momento è Dario De Domenico che firma la lettera. Si era trasferito a Campiglia da poco e da pochi anni aveva perso la madre e la zia con cui conviveva da cinque anni. Ha una malattia che necessita di essere monitorata costantemente. Dario, che ha una laurea in legge, “una persona solare, che ama stare con la gente, ama la natura, lo sport, soprattutto il nuoto” che per anni è stato la ragione della sua vita lavorandoci “come assistente alla balneazione”, ha i brevetti di salvamento. Quando arriva il 26 dicembre dello scorso anno, ricorda che il suo “malessere in pochi giorni si fa importante, massiccio, la solitudine si fa forte”, l’unico momento dove riusciva a trovare un po’ di ossigeno era il camminare con il suo cane.
“Seduto sul divano di casa di quel 26 dicembre” prende una decisione: quella di chiedere aiuto, “una richiesta che sembra scontata ma non lo è: si presenta alla stazione dei carabinieri di Campiglia Marittima”. Suona, nessuno risponde. Riprova, il portone si apre. Il comandante in sede vacante della stazione carabinieri di Campiglia lo vede, lì davanti fermo insieme al suo cane Kira. Chiama i colleghi (un brigadiere e un appuntato), poi arrivano i soccorsi, sia per Kira, sia per Dario.
“Questo carabiniere ha fatto una delle cose più importanti - scrive Dario - se sei un grande uomo, come lo è questo carabiniere che dietro la divisa nasconde un sapore di umanità, un sapore di magia”, Dario si è sentito “protetto, aiutato”. Quando si sono rincontrati in paese si sono stretti sempre la mano, “ed è come mille abbracci, come mille parole, e in quella stretta di mano c’è tutto, compresa la commozione” ricordando quella giornata lontana. E’ come se i carabinieri gli avessere gettato un salvagente, dice Dario, “che ha un nome ben preciso: speranza”. Si sono rivisti pochi giorni fa durante Apritiborgo, di nuovo un saluto e il comandante gli ha detto che se avesse avuto bisogno “loro erano lì, per qualsiasi cosa”.