Covid in Italia, i contagiati sono milioni: ecco la prova

Ricerca dell’Istituto nazionale tumori, cambia la datazione del virus. Pregliasco: "Plausibile che l’8% abbia contratto l’infezione"

La ricerca dell'Istituto dei Tumori e le tappe della Pandemia

La ricerca dell'Istituto dei Tumori e le tappe della Pandemia

Era in Italia già a settembre dell’anno scorso il virus della nuova Sars. Uno studio congiunto dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano con l’università Statale e l’università di Siena, pubblicato sulla rivista Tumori Journal, ha cercato gli anticorpi del Covid-19 nei campioni di sangue di 959 volontari che tra settembre 2019 e marzo 2020 si erano sottoposti al controllo annuale del programma Smile, uno screening su fumatori ed ex forti fumatori ultracinquantenni per la diagnosi precoce del tumore del polmone. E sono stati trovati anticorpi in 111 di loro, positivi alle IgG e o alle IgM: vengono da 13 regioni, più di metà dalla Lombardia, e il 14% aveva fatto il prelievo a settembre. Tra i titolari precoci degli anticorpi non ci sono solo lombardi, ma anche veneti, un emiliano, un ligure, un laziale. Ma soprattutto, sottolinea Giovanni Apolone, direttore scientifico dell’Istituto dei tumori, in sei dei 111 i ricercatori di Siena hanno trovato gli anticorpi ’neutralizzanti’ del Sars-CoV-2, cioè capaci di ucciderlo, quando sono stati messi in coltura col virus vivo; e quattro avevano fatto il prelievo in ottobre.

È la pistola fumante, perché "il test di neutralizzazione è il test-principe per la specificità di un anticorpo – spiega la ricercatrice dell’Istituto Gabriella Sozzi –. Può essere effettuato solo quando gli anticorpi sono molti, e i nostri candidati erano tutti asintomatici: non c’era una concentrazione di lesioni caratteristiche della polmonite interstiziale nelle Tac dei 111 volontari risultati positivi". Con un test sierologico che, tra l’altro, cerca gli anticorpi specifici non solo della famosa proteina ’Spike’ ma di una regione della Spike che può essere definita "la chiave con la quale il virus apre la serratura delle cellule".

E del resto questo studio Milano-Siena, che retrodata di alcuni mesi la comparsa del Sars-CoV-2 in Italia, è un nuovo, importante mattone in un castello di prove del fatto che il "paziente 1" scoperto il 21 febbraio all’ospedale di Codogno non fosse che il primo malato grave individuato da un tampone. Prove accumulate dai ricercatori spesso attingendo al patrimonio delle biobanche: gli scienziati del Policlinico di Milano e della Statale, esaminando prelievi di fine febbraio, avevano trovato nel 4,6% dei donatori di sangue dell’ospedale gli anticorpi che si sviluppano dopo un mese dall’incontro col virus. L’Istituto superiore di sanità ha trovato tracce del Sars-CoV-2 in campioni delle acque reflue di Milano e di Torino raccolti a dicembre 2019. E c’è l’indagine nazionale del Ministero della Salute e dell’Istat, che da maggio a luglio ha cercato le IgG del Coronavirus nel sangue di 65mila italiani e ha individuato una sieroprevalenza nazionale del 2,5% (del 7,5% in Lombardia, del 24% a Bergamo) che indicherebbe come i contagiati reali fossero già allora circa sei volte quelli intercettati durante la pandemia. Lo studio apre a nuovi scenari sull’ipotesi di un’immunità diffusa.

Che siano più del milione e 178.592 casi certificati a ieri da un tampone gli italiani che hanno contratto il Coronavirus è praticamente una certezza, ma stimare il sommerso è un’operazione molto complessa. In uno studio recente, pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment, Giuseppe Arbia, professore di Statistica dell’università Cattolica di Roma, ipotizza che i contagiati siano stati almeno 5 milioni, circa l’8 per cento degli italiani. È una stima plausibile secondo il virologo Fabrizio Pregliasco: "All’inizio dell’epidemia riuscivamo a individuare un caso su dieci, adesso forse riusciamo ad arrivare alla metà", ragiona il professore. La scoperta del virus in circolazione già a settembre, "se confermata da altri studi", sarà coerente col quadro: "L’epidemia è nata come un iceberg, quando ha raggiunto la massa critica ne abbiamo visto la punta, cioè i malati gravi che avevano bisogno di andare in ospedale. Poi col lockdown siamo riusciti a sciogliere una parte dell’iceberg; ma abbiamo agito su quella visibile".

 

 

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