Dunque, il popolo di sinistra non era sparito. Evaporato. No, era il partito guida che si era dissolto. Appena ha dato segni di esistenza in vita, anche la sua gente ha rialzato la testa. Un risveglio certificato dai gazebo, già segnalato in Abruzzo e Sardegna. Gli occhi sono ancora un po’ cisposi e le membra intorpidite, ma il sonno sembra finito. E ora, a un anno esatto dal suo funerale di terza classe, il Pd ha persino un segretario con il tigre nelle urne: Zingaretti. Un uomo di sinistra, con lo sguardo rivolto in avanti, ovvio, ma con solide radici nel passato, navigatore spericolato nelle acque minoritarie del consiglio regionale del Lazio.
Oggi non sappiamo se la sua segreteria passerà alla storia, di sicuro la sua elezione plebiscitaria scrive una importante pagina di cronaca. Intanto, perché una scelta così netta chiude di fatto l’era Renzi, il che non è detto che gli dispiaccia. "Mi rinnegate, e io me ne vado". Un viatico perfetto per prendere i propri balocchi e andare a giocare in un altro cortile. Eventualmente. L’era Renzi, ma non solo, anche di tanti leader di matrice popolare, volgarmente detti democristiani, azionisti di minoranza del Pd, ma sempre in cabina di regia. Adesso lo scettro è nelle mani di un erede Pci, e gli equilibri del board sono ristabiliti.
Con la spinta, tra l’altro, di una larga partecipazione. Oltre un milione e mezzo sono tanti in assoluto, e ancora di più se hai abilmente fissato in basso l’asticella del successo. Per vincere le elezioni vere, non quelle di famiglia, sono ovviamente pochi, ma sufficienti per una massiccia iniezione di autostima, che in politica vale quasi quanto i voti. Lo sanno bene i 5Stelle che stanno restituendo anche al Pd il suo tesoretto sull’onda delle scelleratezze di governo, e di una china in discesa che induce al fuggi fuggi. Ce ne faremo una ragione. Avere un centro-destra e un centro-sinistra che si contrappongono sui problemi oltre che su Salvini, sarebbe un bene. Ci farebbe pure assomigliare a un paese normale. O quasi.